POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA E TASSI DI INTERESSE DEI MUTUI IN RIALZO

Adesso l’effetto rialzo dei tassi comincia a farsi sentire anche sui mutui, che tornano a un livello che non si vedeva dalla metà del 2019 (quindi da tre anni). È quanto si apprende dai dati divulgati dalla Banca d’Italia, che ha parlato di tassi d’interesse sui mutui per l’acquisto di abitazioni a marzo sopra il tetto del 2% (nel dettaglio, 2,01% contro l’1,85% registrato a febbraio). Il valore riportato è riferito al tasso Taeg dei nuovi finanziamenti, comprensivo cioè delle spese accessorie.

In generale, la situazione è in peggioramento per chiunque abbia intenzione di indebitarsi. Infatti, risultano in lieve risalita anche i tassi sui nuovi finanziamenti alle società non finanziarie: a marzo sono arrivati all’1,23% (rispetto all’1,09 di febbraio), quelli per importi fino a 1 milione di euro sono stati pari all’1,78%, mentre i tassi sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia si sono collocati allo 0,87 per cento.

È tutta colpa dell’aspettativa di politica monetaria restrittiva che attende il nostro Paese e ha fatto terribilmente aumentare i costi di chi vorrebbe acquistare casa. A fare un primo conto ci ha pensato il Codacons, secondo il quale una famiglia che accendesse oggi un mutuo a tasso fisso a 30 anni da 100mila euro spenderebbe complessivamente circa 8.812 euro in più rispetto allo stesso prestito acceso a inizio gennaio 2022.

Di questo passo, accendere un mutuo diventerà impossibile e non è tollerabile essere tornati ai livelli del 2019. Instauriamo politiche di ammortizzamento dei tassi di interesse, in contrasto a una futura politica monetaria restrittiva.

Torniamo ad incentivare gli acquisti degli immobili!

Non solo, tuteliamo i giovani e chi negli ultimi anni ha acceso mutui sperando in un vero investimento per la vita.

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L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER GIOVANI

L’Italia non è un paese per giovani, almeno se si parla di lavoro. A dirlo sono i dati Eurostat, i quali certificano che nel corso del 2021 nel nostro Paese in media lavoravano 4 milioni e 588mila persone tra i 55 e i 64 anni, in aumento di un milione e 775mila rispetto a dieci anni prima. Un trend che sembra riguardare tutta l’Europa a 27, infatti i lavoratori europei nella fascia più anziana sono aumentati di oltre 11,5 milioni.

Sulla spinta della tendenza demografica (aumenta l’aspettativa di vita per gli anziani e diminuiscono i figli) in Italia lavorava nel 2021 il 53,4% delle persone tra i 55 e i 64 anni, con un aumento del 15,9% sul 2011.

Se, inoltre, nel 2001 al lavoro si trovavano circa quattro giovani con meno di 35 anni a fronte di un lavoratore con oltre 55 anni (1,8 milioni di anziani a fronte di 8,3 milioni di giovani, dati considerati con le vecchie regole) nel 2021 le quantità quasi si equivalgono con 4 milioni 929mila giovani tra i 15 e i 34 anni a fronte di 4 milioni 588mila lavoratori tra i 55 e i 64 anni.

Da anni uno dei problemi che assilla le imprese italiane è la ricerca della manodopera. Bisogna cambiare il mondo dell’occupazione in Italia in tutti i sensi: incentiviamo la produzione di nuovi posti di lavoro e creiamo manovre sicure per le imprese che incentivino l’assunzione. Solo in questo modo diminuiremo la disoccupazione giovanile!

Noi abbiamo la soluzione per aiutare i giovani e non solo, per ridare la giusta e doverosa dignità a chi ha problemi di lavoro, o per chi lo ha perso il lavoro!

Sostienimi!

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