L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER GIOVANI

L’Italia non è un paese per giovani, almeno se si parla di lavoro. A dirlo sono i dati Eurostat, i quali certificano che nel corso del 2021 nel nostro Paese in media lavoravano 4 milioni e 588mila persone tra i 55 e i 64 anni, in aumento di un milione e 775mila rispetto a dieci anni prima. Un trend che sembra riguardare tutta l’Europa a 27, infatti i lavoratori europei nella fascia più anziana sono aumentati di oltre 11,5 milioni.

Sulla spinta della tendenza demografica (aumenta l’aspettativa di vita per gli anziani e diminuiscono i figli) in Italia lavorava nel 2021 il 53,4% delle persone tra i 55 e i 64 anni, con un aumento del 15,9% sul 2011.

Se, inoltre, nel 2001 al lavoro si trovavano circa quattro giovani con meno di 35 anni a fronte di un lavoratore con oltre 55 anni (1,8 milioni di anziani a fronte di 8,3 milioni di giovani, dati considerati con le vecchie regole) nel 2021 le quantità quasi si equivalgono con 4 milioni 929mila giovani tra i 15 e i 34 anni a fronte di 4 milioni 588mila lavoratori tra i 55 e i 64 anni.

Da anni uno dei problemi che assilla le imprese italiane è la ricerca della manodopera. Bisogna cambiare il mondo dell’occupazione in Italia in tutti i sensi: incentiviamo la produzione di nuovi posti di lavoro e creiamo manovre sicure per le imprese che incentivino l’assunzione. Solo in questo modo diminuiremo la disoccupazione giovanile!

Noi abbiamo la soluzione per aiutare i giovani e non solo, per ridare la giusta e doverosa dignità a chi ha problemi di lavoro, o per chi lo ha perso il lavoro!

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RIPARTIAMO DAL TURISMO!

Il settore turistico è in ginocchio. Il Coronavirus sta colpendo in particolare quei Paesi che, non potendo garantire misure di sicurezza sanitaria e nonostante abbiano riaperto le frontiere, hanno visto un crollo dei viaggiatori. Tornando alle cifre tra gennaio e aprile 2020, gli arrivi di turisti internazionali sono diminuiti del 44%, mentre le perdite a fine giugno si assestavano circa mille miliardi di euro, ovvero 1,5% del prodotto lordo globale. E l’andazzo di quest’anno non sembra essere molto differente. Il massiccio calo del numero di turisti minaccia posti di lavoro ed economie

E allora come ripartire?

Spesso si ha l’impressione che il governo si lasci guidare non solo dal principio di precauzione, il che è più che comprensibile, ma tende anche a sottovalutare il pericolo del crollo di vasti settori dell’economia, concentrandosi principalmente su soluzioni assistenzialistiche. Uno dei settori più in bilico è proprio il settore turistico: che costituisce il 6% del PIL, con l’indotto il 13%. Facendo un confronto, sul totale l’industria vale il 23%, l’agricoltura il 2% del PIL. Insomma, il turismo non costituisce di certo una porzione trascurabile! Ovviamente, la crisi epidemiologica ha colpito ampi strati delle società umane a livello globale, ma ci offre l’opportunità per rivoluzionare l’idea di turismo con maggiore attenzione alla sostenibilità, all’autenticità e alla riscoperta del locale.

Bisogna far ripartire il turismo e tutta l’economia in generale, sostenendo tutti gli operatori del settore turistico, i commercianti e i ristoratori. Ma non solo! Servono nuove iniziative anche in campo locale! Lavoriamo continuamente per superare totalmente il coprifuoco, perché è il primo passo per rilanciare tutti i settori, quello turistico compreso (quale turista vorrebbe venire in Italia sapendo che alle 10 di sera deve rinchiudersi in casa?). Sfruttiamo tutte le risorse possibili: più sono sostenibili e meglio è! Valorizziamo il turismo locale, ma non dimentichiamoci di quello internazionale che per molte regioni italiane è fondamentale. Perché l’Italia vale e merita di essere visitata!

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GLI AUTONOMI E PARTITE IVA FANNO APPELLO AL GOVERNO: I DATI DEL COLLASSO ECONOMICO

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Che l’economia sia al collasso non è una novità. Come non lo sono neanche gli infiniti appelli degli imprenditori. L’ultimo è quello degli autonomi e delle Partite Iva che fanno un a richiesta molto semplice e coincisa al governo: teniamo aperte le attività o moriremo di fame. L’ex senatore Eugenio Filograna, presidente di Autonomi e Partite Iva, afferma che “vanno assicurate le condizioni necessarie per mantenere la massima sicurezza ma non possiamo permetterci di tenere chiuse le imprese che tengono viva l’economia” intervenendo anche sulla burocrazia persecutoria che assilla da tempo la categoria. Quello che si rischia non è solo il collasso sanitario, ma anche quello economico.

Il chiaro dato a cui facciamo riferimento è il crollo del Pil: parliamo di un abbassamento di oltre l’8%. L’unico dato che pare crescere è il debito e la pressione fiscale. Secondo i dati elaborati dall’Istat la pressione fiscale complessiva vale a dire l’ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi dei cittadini è risultata pari al 43,1%, percentuale in aumento rispetto all’anno precedente (42,4%). 

Guardando l’altro lato della medaglia, nel 2021 si spera di recuperare circa il 4,1% e il 4% nel 2022. Quale sarebbe la soluzione o un eventuale spinta di fiducia per l’economia? Un progresso più rapido nella diffusione dei vaccini, il quale permetterebbe di rimuovere più rapidamente le restrizioni e aumentare la fiducia e la spesa. Le prospettive economiche globali sono migliorare notevolmente negli ultimi anni e bisogna puntare tutto sulla soluzione che permette di eliminare questo virus. Non è concesso nessun ritardo o eventuale malfunzionamento nel sistema vaccinale. Abbiamo la più grande arma per far ripartire questo Paese e rimettere in moto l’economia! Stipuliamo un piano d’azione e partiamo in quarta!

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