ECCO COME CAMBIERA’ L’ASSEGNO UNICO PER I FIGLI

Per il nostro governo, la famiglia è al primo posto e lo dimostra in modo coerente anche l’aumento dell’importo dell’assegno unico per i figli.

Come previsto dalle norme vigenti, l’importo dell’assegno unico, che oscilla tra 50/175 euro per figlio minorenne e tra 25/85 euro per figlio maggiorenne (dai 18 ai 21 anni di età), va aggiornato ogni 12 mesi sulla base della variazione dell’indice dei prezzi registrata per l’anno precedente. Al momento l’indice è stato fissato al 7,3%, vale a dire la medesima percentuale determinata per la perequazione delle pensioni.

La rivalutazione coinvolgerà anche i calcoli Isee. Ciò significa che per poter beneficiare della quota massima non sarà più richiesto un Isee entro i 15mila euro bensì entro i 16.095 euro (+ 7,3%). Sarà quindi ampliata la platea dei potenziali beneficiari della misura di sostegno.

Per il nostro governo è importante incentivare la creazione di nuove famiglie, anche come sostegno al fenomeno in netto declino legato al numero di nascite in Italia. Nel nostro Paese, è da molti anni che non è più sostenibile crearsi una famiglia e noi vogliamo che i cittadini italiani si sentano supportati lungo il corso di questa impresa. E per “impresa” non si intende solo “esperienza”, ma “azienda” vera e propria, perché creare una famiglia è come creare un’entità economica che produce e consuma beni e servizi, e come tale deve ricevere sostegno dallo stato.

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Quanto indicato in comunicati e video comunicati è la personale posizione di Luca Vitale iscritto a Fratelli d’Italia

BENESSERE E MATTONE CROLLANO DI PARI PASSO

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Si sa che il mattone misura il benessere degli italiani. Una grande fetta delle ricchezze delle famiglie risiede nel mattone: parliamo di una somma che conta 5mila miliardi di euro, di cui una buona parte si indirizza anche verso seconde case e negozi. In piena pandemia, tuttavia, la situazione è crollata. Secondo quanto riportato dall’Istat, nel secondo trimestre del 2020 le compravendite sono crollate del 17,3% rispetto al trimestre precedente. Gli atti notarili erano 157.126 nel I trimestre 2020 e sono calati a 149.764 nel secondo. Durante il primo trimestre era già stato registrato un crollo: -17,3% rispetto al trimestre precedente e -30,8% su base annua.

Anche i mutui non hanno segno positivo: sono scesi del 11,5% rispetto al trimestre precedente e del 20,9% su base annua. L’occupazione mostra dati ancora più preoccupanti: L’Unione europea delle cooperative (Uecoop) ha calcolato, sempre su dati Istat, che la perdita di posti di lavoro nel settore dell’edilizia nel 2020, è stata otto volte superiore a tutti gli occupati persi nei quattro anni precedenti: meno 161mila. La crisi, insomma, è il chiaro riflesso di un periodo in cui si era vociferata una tassa patrimoniale e di un anno di crisi economico-sociale che ha colpito trasversalmente tutti i settori.

Come possiamo far ripartire l’edilizia? Sicuramente intervenendo sulla tassazione, poiché c’è il rischio che la prossima riforma cancelli tutti i regimi fiscali speciali, inclusa la cedolare secca. Bisognerebbe anche concentrarsi sul tessuto sociale: miglioriamo il benessere degli italiani e, di conseguenza, miglioreranno anche le possibilità per i cittadini di comprare una casa. In fin dei conti tutto parte da lì: dal garantire ai cittadini una vita degna, con una situazione finanziaria stabile al fine di poter operare, ottenere risultati migliori e lungo termine in qualsiasi comparto produttivo. Partiamo dai cittadini e tutto il resto verrà di conseguenza!

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