BENESSERE E MATTONE CROLLANO DI PARI PASSO

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Si sa che il mattone misura il benessere degli italiani. Una grande fetta delle ricchezze delle famiglie risiede nel mattone: parliamo di una somma che conta 5mila miliardi di euro, di cui una buona parte si indirizza anche verso seconde case e negozi. In piena pandemia, tuttavia, la situazione è crollata. Secondo quanto riportato dall’Istat, nel secondo trimestre del 2020 le compravendite sono crollate del 17,3% rispetto al trimestre precedente. Gli atti notarili erano 157.126 nel I trimestre 2020 e sono calati a 149.764 nel secondo. Durante il primo trimestre era già stato registrato un crollo: -17,3% rispetto al trimestre precedente e -30,8% su base annua.

Anche i mutui non hanno segno positivo: sono scesi del 11,5% rispetto al trimestre precedente e del 20,9% su base annua. L’occupazione mostra dati ancora più preoccupanti: L’Unione europea delle cooperative (Uecoop) ha calcolato, sempre su dati Istat, che la perdita di posti di lavoro nel settore dell’edilizia nel 2020, è stata otto volte superiore a tutti gli occupati persi nei quattro anni precedenti: meno 161mila. La crisi, insomma, è il chiaro riflesso di un periodo in cui si era vociferata una tassa patrimoniale e di un anno di crisi economico-sociale che ha colpito trasversalmente tutti i settori.

Come possiamo far ripartire l’edilizia? Sicuramente intervenendo sulla tassazione, poiché c’è il rischio che la prossima riforma cancelli tutti i regimi fiscali speciali, inclusa la cedolare secca. Bisognerebbe anche concentrarsi sul tessuto sociale: miglioriamo il benessere degli italiani e, di conseguenza, miglioreranno anche le possibilità per i cittadini di comprare una casa. In fin dei conti tutto parte da lì: dal garantire ai cittadini una vita degna, con una situazione finanziaria stabile al fine di poter operare, ottenere risultati migliori e lungo termine in qualsiasi comparto produttivo. Partiamo dai cittadini e tutto il resto verrà di conseguenza!

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CALO DELLE NASCITE, POPOLAZIONE ITALIANA IN DIMINUZIONE. FRATELLI D’ITALIA: “SERVONO SOLUZIONI INCISIVE”

C’è un’emergenza in Italia che rischia di passare inosservata, quasi ignorata dall’agone dei dibattiti politici: quella delle nascite. I nuovi nati sono sempre di meno, anzi, non sono mai stati così pochi dall’Unità d’Italia.

Il declino demografico prosegue la sua triste discesa, iniziata – secondo i dati
Istat – più di un decennio fa, nel 2008. Dal 2015 i neonati si sono assestati sotto il mezzo milione, e la parabola discendente prosegue ancora, con un calo del 4% nel 2018 rispetto all’anno precedente.

Più morti che nascite, dice l’Istat, e ciò accade ormai da qualche anno, determinando una
diminuzione della popolazione italiana, che si assesta a poco più di 55 milioni di persone. Dal 2014 ad oggi, i cittadini italiani sono diminuiti di quasi 700mila unità. È come se una grande città si fosse svuotata per intero, nell’arco di qualche anno.
A rendere ancora più allarmante la situazione è il fatto che alla diminuzione delle nascite si aggiunge l’aumento dei cittadini italiani espatriati. Una situazione simile richiede soluzioni immediate, volte a garantire un futuro al nostro paese.

La diminuzione delle nascite infatti porta con sé altri effetti che rischiano di condurre l’Italia al collasso: l’aumento dell’età media, unitamente al mancato ricambio generazionale, ha un effetto a cascata a livello sociale, economico e culturale.

La politica dovrebbe dunque farsi carico di questo problema, che al momento sembra non far parte dell’agenda del governo. D’altro canto, la sinistra ribadisce che la diminuzione della popolazione italiana è compensata dall’aumento dell’immigrazione in entrata, come se ciò risolvesse il problema principale, anziché crearne altri.
In questi anni solo Giorgia Meloni ha cercato a più riprese di porre l’attenzione sulla spinosa questione del calo demografico, proponendo un “piano natalità” comprendente la creazione di nuovi asili nido, un incentivo economico pari a 400 euro per ogni bambino al di sotto dei sei anni, l’aumento dei congedi parentali retribuiti e il taglio dell’IVA sui prodotti dedicati ai neonati. Ma dall’attuale governo Lega-5stelle nessuna proposta è arrivata, e il duo Salvini – Di Maio è stato impegnato a farsi la guerra per racimolare più voti. Voti che, in un futuro nemmeno troppo lontano, rischiano di scomparire, in assenza di nuovi elettori.

“Bisogna adottare misure che abbiano effetti positivi nel medio termine” – dice Luca Vitale, esponente grossetano di Fratelli d’Italia – “il piano natalità proposto dalla Meloni è un ottimo inizio e come partito siamo consci del fatto che condizione necessaria affinché i dati sulle nascite tornino in positivo è la creazione di posti di lavoro stabili; oggi le giovani coppie italiane si trovano nelle condizioni di scegliere tra il lavoro, spesso precario, e la maternità.

C’è bisogno che la politica italiana agevoli quanto più possibile le famiglie con neonati a carico attraverso la creazione di reti di servizi a tappeto, affinché la nascita di nuovi bambini non sia fonte di preoccupazioni per i genitori”

ISTAT: DIMINUISCONO I CONSUMI DELLE FAMIGLIE, I ITALIANI COSTRETTI A RISPARMIARE PERSINO SULLA SALUTE

Per la prima volta dal 2013 si è registrato un calo nella spesa reale delle famiglie. Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT, infatti, al netto dell’inflazione la spesa delle famiglie è diminuita di quasi un punto percentuale. La quota media mensile che gli italiani spendono in consumi è assai distante dalle cifre fatte registrare nel 2011, tuttavia si era assistiti ad una moderata crescita nel periodo 2013-2017, interrotta appunto lo scorso anno, quando la spesa media mensile si è assestata a 2571 euro.

Buona parte di questa cifra è destinata alle spese di abitazione (affitti e mutui), mentre il restante è impiegato per l’acquisto di beni alimentari e per i trasporti. Si parla – è chiaro – di dati medi aggregati, che non tengono in considerazione il reddito e la propensione al consumo, ma – sottolinea l’istituto di statistica – la stragrande maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al dato medio nazionale. Differenze di spesa sono registrate anche tra Nord e Sud del paese: la spesa media delle famiglie lombarde, per esempio, è di molto superiore ai nuclei familiari di Calabria e Sicilia, le regioni con le spese più contenute.

Le famiglie italiane, dunque, preferiscono risparmiare su tutti quei capitoli di spesa non essenziali: abbigliamento, viaggi e vacanze, carburanti. E, dato preoccupante, molte famiglie si trovano costrette a ridurre la spesa sanitaria. A meno di un improbabile miglioramento repentino della salute pubblica, questo significa che i più scelgono di evitare le visite mediche e gli accertamenti periodici più onerosi.

Come sempre accade in questi casi, i dati ISTAT sono destinati a far discutere. Per le opposizioni, il governo Di Maio – Salvini dovrebbe impegnarsi concretamente per far fronte ad una situazione di contrazione dei consumi. Per Luca Vitale, esponente di Fratelli d’Italia a Grosseto, “il governo dovrebbe rivedere le scelte di politica economica”. “Non ha senso – continua Vitale – istituire il reddito di cittadinanza e al contempo, come è probabile, aumentare l’IVA, che va a gravare ulteriormente sui consumi delle famiglie. Meno consumi significa meno vendite per le attività commerciali, meno produzione per le industrie, meno ricchezza nazionale. Una spirale negativa in cui l’Italia non può rischiare di cadere”.

IL PIL DIMINUISCE, AUMENTANO TASSE E DISOCCUPAZIONE. LE IMPRESE ITALIANE IN DIFFICOLTA’. FRATELLI D’ITALIA: ABBASSARE LA PRESSIONE FISCALE

L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) boccia le riforme del governo italiano: per l’Italia il 2019 sarà un anno di recessione: – 0.2% di PIL. Una notizia che sembra non turbare la sicumera degli esponenti del governo, Di Maio su tutti, che afferma che il fatto che i dati rilevati dall’Ocse siano negativi è indice della buona direzione presa dall’esecutivo giallo-verde.

Di Maio, però, sa bene che la situazione italiana non è delle migliori. È chiaro che non possa ammetterlo senza pensare alle ricadute che ciò avrebbe in termini di consenso elettorale alla vigilia delle elezioni europee, ma – stando sempre alle previsioni della stessa organizzazione di studi economici – ad una recessione economica, com’è prevedibile, seguirà anche un aumento della disoccupazione: dal 10.6 al 12%. E le previsioni Ocse sembrano confermate dagli ultimi dati resi noti dall’ISTAT, che attesta un lieve rialzo della disoccupazione nel mese di febbraio. 

Il governo finge dunque di non accorgersi che le misure previste nella manovra di bilancio non solo sono del tutto inutili ai fini dell’economia italiana, ma risultano finanche dannose! Eppure, per far ripartire la produzione italiana basterebbe poco: ridurre il carico fiscale, come peraltro lo stesso Salvini aveva promesso in campagna elettorale. Invece si scopre, grazie all’allarme lanciato dalla CGIA di Mestre, che per quest’anno la pressione fiscale raggiungerà il 43%. In breve, dunque, a Palazzo Chigi si è scelto di proseguire secondo la linea dettata dagli ultimi governi di sinistra: aumentare le tasse. Il governo “del cambiamento” è tale solo a parole, nei fatti sulle piccole-medie imprese italiane si continua a far cassa, a discapito della produttività del made in Italy.

Luca Vitale – Fratelli d’Italia Grosseto