L’ECATOMBE DEI BAR: IL BILANCIO POST-PANDEMIA

Ecco il bilancio agghiacciante di uno dei settori più tartassati durante gli anni della pandemia: parliamo dei bar, luogo di incontro di milioni di italiani per il tradizionale caffè mattutino. Secondo i dati, quasi 7mila bar hanno chiuso i battenti causa Covid negli ultimi due anni.
La fotografia, scattata da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese, mostra infatti che dei 169.839 bar esistenti a fine 2019, ne sono rimasti 162.964 a fine 2021, vale a dire 6.875 in meno (-4,05%).
Una riduzione elevata, che ha colpito prima di tutto il Lazio, dove questi esercizi pubblici sono diminuiti del 10,09% pari a 1.860 strutture in meno. A seguire la Valle d’Aosta, che segna una variazione percentuale del -9,7% e un calo numerico di 51 bar. 
Ecco i risultati delle incessanti chiusure e dei ristori più che insufficienti. Durante gli anni della pandemia, questo settore ha subito le continue restrizioni indette dal governo e ha ricevuto quell’elemosina mascherata in ristori che l’esecutivo aveva indetto per aiutare gli esercenti. Insomma, questi sono i risultati! E ora l’Italia si ritrova con almeno 7 mila esercenti in meno che avrebbero potuto contribuire al PIL del Paese e incrementare l’occupazione.
Facciamo in modo che tutto questo non accada nuovamente!
Dobbiamo stare accanto ai nostri imprenditori, alle nostre aziende e ai nostri cittadini!!!!

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LA PASQUA DEGLI ITALIANI. COME SONO ANDATI I CONSUMI?

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È stata una Pasqua blindata, con tutta l’Italia in zona rossa. Inutile dire che i danni hanno colpito principalmente agriturismi, ristoranti, bar e alberghi che, in una situazione “normale”, sarebbero stati affollati da orde di persone. L’unica consolazione sono i dati sui consumi che sembrano destare qualche segnale di speranza.

Fortunatamente, secondo le stime elaborate da Cia-Agricoltori Italiani, la spesa alimentare cresce del 10% rispetto al 2020 (quando il Paese nel pieno del primo lockdown), attestandosi a 1,1 miliardi di euro. Dato in crescita anche grazie alla possibilità concessa di poter andare a casa di parenti o amici per il pranzo di domenica e per Pasquetta, anche se con pochi commensali. Quest’anno vince il Made in Italy e la predilezione per il menù tipico regionale, scelto nell’80% dei casi.

Secondo il Centro Studi di Confcooperative, tuttavia, la spesa segna un -40% rispetto al 2019. Ristoranti, hotel e agriturismi pagano il tributo più pesante con un -95% per la seconda Pasqua di fila. La serrata delle strutture di ospitalità determina un calo delle vendite anche per l’agroalimentare in linea con lo scorso anno, ma registra un -35% rispetto al 2019.

Il fatto che gli italiani abbiano privilegiato il Made in Italy è un’ottima notizia, ma i dati rimangono comunque preoccupanti. Con i ristoranti chiusi, spostamenti azzerati e la possibilità di ricevimento di pochi commensali, la lista della spesa degli italiani si è drasticamente ridotta rispetto al passato, ma senza far torto alla tradizione. E per fortuna! Ancora una volta i nostri prodotti e il cibo locale hanno avuto la meglio come migliore scelta di qualità, nonostante il fatturato registri cifre profondamente negative. Gli operatori della ristorazione e del turismo verranno mai ricompensati per tutte le perdite avute?

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IL NUOVO DECRETO SOSTEGNI E LE SUE INGIUSTIZIE

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L’argomento all’ordine del giorno è il nuovo decreto Sostegni, il cui obiettivo è quello di pianificare un nuovo scostamento di bilancio (circa 32 miliardi di euro) per finanziare i nuovi aiuti per sostenere imprese e famiglie. Ma quali sono questi nuovi ristori? La fetta più grande è destinata ai contributi a fondo perduto per le imprese e lavoratori autonomi colpiti dalla crisi e agli ammortizzatori sociali come reddito di cittadinanza, cassa Covid e proroga Naspi. La parte più interessante arriva nel momento in cui si stabiliscono le fasce di attribuzione. Potranno accedere agli indennizzi statali le imprese con un fatturato non superiore a 10 milioni di euro perdite del 30% almeno rispetto all’ammontare medio mensile del 2020, scaglionate in queste percentuali: 60% per le imprese fino a 100mila euro 50% tra 100mila e 400mila euro 40% tra 400mila e un milione 30% tra uno e 5 milioni 20% tra 5 e 10 milioni Per i lavoratori a partita Iva, i ristori partono da 3.000 euro. A questo si aggiunge la pace fiscale, ovvero la cancellazione delle cartelle esattoriali obsolete fino al tetto massimo di 5.000 euro, ma con un limite di reddito di 30mila euro. Secondo quanto ha affermato il presidente Draghi, questo è stato deciso soltanto per permettere all’amministrazione di perseguire la lotta all’evasione in modo più efficiente. In seguito, nel decreto Sostegni si parla anche di Cassa Integrazione Covid prolungata per tutto il 2021, il blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno e stanziamenti per la cultura, le scuole e l’università. Tornando a noi, secondo questo decreto, a tutte le aziende che nel 2020 hanno perso meno del 30% sul 2019, non spetta una lira! Questa grande fascia di imprese è completamente fuori da ogni genere di forma di risarcimento danni, nonostante vi siano delle aziende chiuse dal 25 ottobre, come i ristoranti sulla costa. Facendo riferimento a una valutazione di un ristorante a Grosseto, i giorni di apertura/chiusura possono essere sintetizzati in questo modo: Giorni totali periodo 8 marzo 2020/20 marzo 2021: 376 giorni Giorni di chiusura totale: 243 giorni Giorni in cui abbiamo potuto aprire anche a cena: 133 Prendendo in considerazione solo il 2021: Totale 81 giorni, di cui totalmente chiusi 60 Aperti solo a pranzo contingentati: 36 giorni Aperti anche a cena: 0 giorni E nessuna di queste aziende, che non supera una perdita di fatturato di oltre il 30%, potrà ricevere gli indennizzi. Mesi e mesi di chiusure e neanche un centesimo! Questa non è giustizia! E un decreto Sostegni che esclude dalla ricezione dei ristori una grande fascia di imprese, non è un valido decreto Sostegni! Ancora una volta vediamo accadere davanti ai nostri occhi l’ennesimo scempio di questo governo, in perfetta continuità con il Conte Bis! Basta prendere in giro le imprese con false promesse! Basta prendere in giro gli italiani!

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LA FOTO SIMBOLO DI CAMILLA MOCCIA: EMBLEMA DI TUTTI GLI IMPRENDITORI ITALIANI

La foto di Camilla Moccia, ristoratrice ventiduenne ad Ostia, è diventata subito notizia. Secondo la stampa, la foto è stata scattata subito dopo la notizia che il suo “Bistrot della Pasticciona” è stato costretto a chiudere a causa della zona rossa. Quella foto rappresenta tutti gli imprenditori e gli italiani che vivono l’ennesimo momento di sconforto dopo aver realizzato che la propria attività ha dovuto abbassare le serrande a causa delle restrizioni ancora una volta.

Quel bistrot rappresenta la realizzazione del sogno di Camilla, ma la pandemia l’ha messa a dura prova: il suo fatturato si è ridotto del 60%. A quanto ammontano i suoi ristori? Solo 4.000 euro, con i quali deve pagare l’affitto e tutte le tasse che ovviamente il governo non si è degnato di revocare. Come lei, moltissimi ristoratori italiani si trovano in questa situazione. L’unica cosa che chiedono è di riaprire e lavorare in sicurezza, perché non se ne fanno nulla degli aiuti dello Stato! Con la miseria di ristori che questi imprenditori della ristorazione ricevono, è facile veder infrangere un sogno.

La situazione addirittura peggiora con la raccomandazione dell’Iss di aumentare a due metri il distanziamento nei bar e nei ristoranti. Invece di aiutare questo comparto, si preferisce dare l’ultimo colpo di grazia all’intero settore già stato messo in ginocchio dalla pandemia e umiliato dai decreti del governo. La distanza di due metri varrebbe a dire tagliare nuovamente coperti e, proporzionalmente, far crollare il fatturato. In questo modo sarebbe impossibile sopravvivere! È scandaloso che il governo continui a scaricare la colpa su coloro che non hanno colpe! Le imprese e le famiglie sono esauste di fare sacrifici! Invertiamo la rotta e riapriamo le attività di questi onesti lavoratori!

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RITARDO DEI RISTORI = CHIUSURA DELLE ATTIVITA’

E per quanto riguarda i ristori per il mondo della ristorazione? Parliamo di briciole. I vari Decreti-legge varati in questi mesi, in termini di rimborso sul fatturato perduto a causa delle restrizioni per prevenire i contagi da Covid-19, prevedono indennizzi per ristoranti e bar che non coprono neanche l’1% del giro d’affari reale. Alcuni, sconfortati, dicono è meglio di niente, ma la realtà è che quella somma è servita a coprire solo il pagamento di qualche utenza. Nella grande maggioranza dei casi, il calo delle uscite è infinitamente inferiore rispetto alla perdita delle entrate!

Dati alla mano, il settore della ristorazione ha perso circa il 40% del giro d’affari e la situazione è anche peggiore per le grandi città d’arte, soprattutto dopo il terribile calo di fatturato nel 2020. E il 2021 non sembra prospettare un’enorme ripresa: sono più le realtà che non pensano di riaprire che quelle che credono di rimettersi presto in carreggiata. Fipe/Confcommercio afferma che ricevono ogni giorno chiamate dai ristoratori e gli imprenditori per lamentare i ritardi nell’erogazione dei ristori. In questo modo le imprese non possono neanche fare piani di medio periodo e non riescono a sopravvivere!

In molti credono che un lockdown totale sia meglio delle chiusure a singhiozzo: ricordiamoci che se un’attività rimane aperta non è oggetto di ristori dal governo. Pensiamo ai parrucchieri e ai barbieri: aperti anche in zona rossa, ma con un numero di clienti che rasenta lo zero. Loro non riceveranno nessun indennizzo! Al contempo, però, è impossibile per le imprese del comparto coprire tutte le tasse con le poche entrate che hanno. Le prossime chiusure potrebbero essere la mazzata finale per molte attività! L’ipotesi migliore è quella di ripartire in sicurezza, assicurandosi che le imprese si siano adeguate ai protocolli e si possa convivere con il virus!

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LA SALUTE E’ ANCHE SPORT. NON DIMENTICHIAMOCI DI QUESTO COMPARTO!

Quante palestre e centri sportivi saranno aperti a fine pandemia? La preoccupazione è enorme anche per questa categoria. Si parla di milioni di euro di perdite, anzi ci sono esercenti che affermano di non voler fare i conti per non sentirsi male. In totale, si contano 6 mesi di chiusura completa e i ristori ricevuti dallo stato non sono niente in confronto alle perdite. I numeri parlano chiaro: il fatturato è calato di circa l’80% e c’è un’enorme quantità di persone a casa, fra insegnanti e personale amministrativo. Uno sfacelo!Gli aiuti economici concessi sono soltanto una goccia nel mare delle immense perdite. Parliamo di un totale di 100.000 strutture che danno lavoro a 1 milione di persone. Prima della pandemia gli incassi medi di un centro sportivo si aggiravano intorno a 40.000 e i 200.000 euro al mese. È ben evidente, allora, che i fondi erogati, tra i 2.000 e i 4.000 euro, non sono niente a confronto! A fine 2020 sono stati conteggiati più di 5 miliardi e mezzo di euro di perdite! Parliamo di migliaia di strutture che rischiano il fallimento totale! Forse neanche raddoppiano le quote a fondo perdute sarà possibile assicurare la ripresa. Il colmo è che i centri sportivi hanno cercato in tutti i modi di adeguare i propri locali alle norme anti-Covid, ed è per questo che, secondo uno studio dell’Associazione Nazionale Impianti Sport e Fitness, il rischio di contagio in palestra è decisamente azzerato rispetto ad altri luoghi d’incontro.I danni al settore sportivo sono immensi e gli aiutini sono completamente inutili. Servono azioni concrete: bisogna cercare di recuperare almeno il 50% di quanto perso e rinviare la riscossione dei contributi a inizio 2022. Anche i centri sportivi sono attività vere e proprie e come tali vanno tutelate! Il paradigma è sempre quello: dopo un anno di chiusure è impensabile andare avanti con gli scarsi ristori del governo! Bisogna pensare a come ripartire in sicurezza! Basta minare la sopravvivenza di determinati comparti!

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I RISTORATORI GRIDANO AIUTO!

Il “semaforo” delle chiusure per il rischio epidemico è dirompente per i settori produttivi del Paese. Quello che gli operatori del commercio e dei pubblici esercizi chiedono non sono elemosine, ma certezze. È ignobile scaricare addosso ai settori produttivi del Paese ogni colpa del diffondersi del contagio e, soprattutto, non fa onore a chi dovrebbe assumersi il peso delle proprie scelte in prima persona. Gli operatori della ristorazione devono sottostare al lampeggiamento del semaforo (saremo zona rossa, arancione o gialla questa settimana? Bho non si sa), in attesa che qualcuno conceda loro i ristori promessi.

Il comparto registra oltre 37 miliardi di perdite solo nel 2020: circa il 40% dell’intero fatturato annuo è andato in fumo. Quello che serve non è solo un piano ristori adeguato, ma anche un programma per riaprire in sicurezza il locale, per non rimanere nel perimetro della sopravvivenza assistita. Ci basti pensare che gli indennizzi ricevuti coprono solo il 7% dell’intero fatturato: è un aiuto economico legato ai costi fissi e non alle perdite! Questo indica esattamente il livello di pietà con il quale il governo sta affrontando questa situazione. L’unico modo per provare a sanare i conti delle imprese sarebbe assicurare almeno un ristoro del 50% del fatturato dell’attività, così che i commercianti non debbano attingere alle riserve personali o indebitarsi.

Lo stato ha donato a questo comparto 36.000€ di ristori, peccato che i titolari abbiano dovuto prelevare dai propri conti la bellezza di 150.000€ per evitare il fallimento della propria azienda. È evidente che concepire il ristoro in questo modo non è la soluzione. Il problema si potrebbe risolvere solo facendo riaprire le aziende in sicurezza perché le attività non possono più campare di ristori. Bisogna imparare a convivere con il Covid e tornare a lavorare! Dopo un anno di emergenza bisogna andare oltre!

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SALVIAMO LA NOSTRA CARA ITALIA!

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Ben sappiamo che l’emergenza sanitaria ha avuto un impatto diretto sulla crisi da Covid-19. Lo stato di salute di diversi settori è veramente critico e vi sono innumerevoli comparti che sono completamente in ginocchio. Ci basti pensare che il totale delle ore di cassa integrazione registrate nel mese di aprile segna una crescita del 3.716% rispetto al mese precedente, per poi rimanere costante a circa 1.213% negli altri mesi dell’anno, rispetto al periodo maggio-novembre 2019. In più, per quanto riguarda l’occupazione, circa mezzo milione di lavoratori ha perso il proprio lavoro, nonostante lo stop dei licenziamenti indetto dal governo.

Uno dei dati più preoccupanti riguarda anche la situazione delle famiglie: le richieste di crediti sono in netto rialzo a partire dal mese di marzo, soprattutto per prestiti finalizzati, carte, prestiti personali e mutui. Il tutto indica una forte sofferenza dei nostri cittadini, a fronte di ristori mancati e misure economiche risultate inefficienti. Anche il commercio registra una forte contrazione: si stima che le importazioni siano calate del 4,76% dai Paesi in Europa e del 12,33% dai Paesi extra-europei. Per quanto riguarda le esportazioni, inoltre, si calcola un ribasso del 5,54% dai Paesi Europei, e del 9,64% dai paesi extra-europei.

La situazione è seria. Non si può più rimanere a guardare il collasso del nostro Paese. Queste cifre sono una tragedia per l’intera popolazione e una pessima pagella per qualsiasi governo. Bisogna agire! Servono misure efficaci che includano ristori utili alle nostre imprese per salvarle dal tracollo. Le famiglie hanno un disperato bisogno di sostegno economico! Il che non si traduce con lo sfornare un bonus diverso ogni mese, ma significa migliorare le condizioni di vita del cittadino e tutelare le loro imprese. Bisogna dare il via a un colossale piano di investimenti che possa portare benessere e lavoro per tutti, restituendoci finalmente un futuro a cui ritornare, dopo questo periodo buio di questa pandemia.

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COMBATTIAMO CONTRO IL FALLIMENTO DELLE NOSTRE IMPRESE!

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L’Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana, che provvede allo studio della strutta socioeconomica e delle sue trasformazioni, mostra che il mercato in stallo ha colpito principalmente i territori a vocazione terziaria e turistica, ovvero quelle imprese sulla costa o in montagna che hanno un’occupazione stagionale. Il 26% di domande di cassa integrazione provengono dal settore della ristorazione e alloggio, un numero poco più basso delle richieste dal comparto del commercio all’ingrosso e al dettaglio (29,3%). L’11%, invece, proviene dalle attivitàprofessionali, anch’esse profondamente in difficoltà. Sono chiari segni che la nostra economia è realmente in pericolo.Bisogna cominciare a far ripartire queste imprese. Il Consigliere regionale di Fratelli d’Italia, per esempio, ha chiesto di riaprire immediatamente la montagna toscana. La vera domanda è: perché per tutte le attività si applicano differenziazioni da regione a regione in base al colore, mentre gli impianti di risalita sono esclusi da questo principio? Perché il Governo non applica i colori anche agli impianti di risalita? D’altronde è stato consentito salire su un treno o su un autobus, ma non su una seggiovia che, paradossalmente, è un mezzo molto più Covid-free di una metropolitana. D’altronde, non è una novità che questo governo sia una contraddizione unica! Ma nel frattempo il turismo montanaro va in fallimento e migliaia di lavoratori rischiano, da un lato di perdere il proprio lavoro, dall’altra di non avere accesso ai cosiddetti ristori del governo. È corretto tutto questo? Per alcune famiglie il turismo montanaro costituisce la loro unica entrata!La verità è che bisogna cominciare a lavorare cercando di fare in modo di far ripartire queste imprese. Le attività limitate dai dpcm devono ripartire, perché i ristori dati dal governo non sono minimamente sufficienti a pagare le spese di un’intera attivitàcommerciale. Alcuni comuni in provincia di Grosseto hanno cercato, per quello che hanno potuto, di reperire una parte delle risorse dal bilancio, al fine di colmare almeno parzialmente le mancate risorse fornite dal governo. Un’ottima iniziativa, almeno per accorrere in aiuto a coloro che ne hanno necessità! Bisogna agire e anche in fretta! Qui c’è in ballo il destino di migliaia di imprese!

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LE CARTELLE SONO PRONTE A RIPARTIRE: IN ARRIVO UN’ULTERIORE BATOSTA PER GLI ITALIANI

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La macchina della riscossione riparte, dopo la proroga durata dall’8 marzo al 31 dicembre 2020. Si stanno studiando misure per scaglionare gli invii, per evitare eventuali contraccolpi dovuti anche dalla disastrata situazione finanziaria nella quale riversano molti autonomi, imprese e famiglie a causa delle misure per contenere la pandemia. Tutti gli atti nei mesi precedenti riprenderanno ad essere notificati a partire da lunedì 18 gennaio, recapitando le cartelle e gli atti connessi alla riscossione. In totale, i soli atti della riscossione ammontano a 34 milioni, a cui si aggiungono altri 16 milioni relativi alle rettifiche e vari avvisi dell’Agenzia delle Entrate: il totale ammonterebbe a ben 50 milioni.

A fronte di questa novità, l’unica domanda che ci sorge spontanea è con quale faccia questo governo chiede di far ripartire la repressione fiscale nei confronti di famiglie e imprese che sono completamente in ginocchio a causa delle infinite restrizioni che sta imponendo il governo? Sarà un diluvio di riscossioni che si abbatte pienamente sugli italiani che già sono asfaltati da queste misure anti-contagio. Come faranno a pagare le piccole o medie imprese a cui viene negato anche il diritto di lavorare! Questa è un’ulteriore batosta ingiustificata nei loro confronti!

Neanche la situazione ristori sembra migliorare: in pochi l’hanno ricevuto e quel compenso è sicuramente insufficiente per coprire tutte le spese. Ma che cosa stanno aspettando a istituire un decreto Ristori 5? Un decreto che per lo meno sospenda la riscossione dei contribuiti e allunghi i termini della prescrizione delle notifiche dell’Agenzia delle entrate! Questa ennesima batosta è completamente ingiustificata e infierisce ulteriormente su dei comparti che sono completamente asfaltati! Il governo si deve vergognare!

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