In queste ore Giorgia Meloni ha definito scandaloso il provvedimento del governo volto a risarcire i risparmiatori truffati dalle banche venete e toscane, di cui tanto si è parlato negli ultimi due anni.
In campagna elettorale, il Movimento Cinque Stelle e la Lega si erano espressi a favore dei risarcimenti ai cittadini coinvolti in queste vicende, ma arrivati al governo non hanno mantenuto la parola data: chi chiede il rimborso stanziato dal governo ha diritto al ristoro del 30% del danno
liquidato dall’Arbitro finanziario, fino ad un massimo di cento mila euro. Inoltre, ed è questa la cosa che fa più rabbia, chi accetta il rimborso non potrà più fare causa agli istituti bancari coinvolti.
È un provvedimento, quello previsto dal Def targato Salvini-Di Maio, che non sana nulla, che si prende gioco delle migliaia di risparmiatori coinvolti, condonando, come ha denunciato Giorgia Meloni, ben 5 miliardi di euro alle banche.
Un ulteriore regalo a chi, in questi anni, ha distrutto il tessuto economico e sociale italiano. Sì, perché oltre alla crisi economica il popolo italiano ha dovuto fare i conti con operazioni bancarie ai limiti del lecito, se non oltre. È una situazione che ho più volte denunciato, da cittadino, inviando una lettera a nome mio, Luca Vitale, agli stessi esponenti dell’attuale maggioranza, senza ricevere alcuna risposta.
Nessuno ha voluto prendere provvedimenti contro l’anatocismo bancario e l’usura, per non parlare dell’annosa questione degli immobili messi all’asta perché pignorati, che vanno mediamente venduti al 20-30% del loro valore di mercato. Tutto ciò è anche conseguenza delle novità apportate
alla procedura esecutiva dal decreto banche, d. l. 59/2016 che ha limitato a tre gli esperimenti di vendita (art. 532 c.p.c.) col ribasso di ¼ del valore, con l’opzione di un ulteriore sconto “fino al limite della metà”, come stabilito dall’articolo 591 c.p.c., anch’esso modificato dalla legge succitata.
Ad aggiudicarsi questi immobili sono – spesso e volentieri – società partecipate al 100% dalle stesse banche, che così si tengono l’immobile per rivenderlo, in un secondo momento, al prezzo di mercato, mentre la differenza tra il valore dell’immobile per cui è stato chiesto il mutuo e la
rivendita fittizia a prezzo di sconto rimane a carico dell’esecutato praticamente a vita.
Chi subisce questo trattamento rimane così segnalato nel sistema di informazione creditizio (SIC) italiano, etichettato come soggetto insolvente senza la possibilità di risollevare la propria situazione economica per l’impossibilità di chiedere qualsiasi altra forma di finanziamento, andando dunque a pesare nel welfare state.
Il risultato di tutto questo è ovviamente a completo vantaggio degli istituti di credito, che guadagnano dapprima con l’anatocismo bancario, applicando interessi su interessi spesso oltre i limiti dell’usura, soprattutto nel caso di mutui, poi con la cessione del credito a società partecipate al
100% dalle banche, infine riappropriandosi del tutto in un secondo momento grazie alle stesse società partecipate, e in ultimo con la vendita degli stessi beni ad un prezzo chiaramente superiore da quello di acquisto in asta . Se si considera il fatto che circa 16 milioni di italiani siano segnalati
alle Centrali di Rischio, ci si rende conto di quanto questa pratica sia diffusa nel sistema creditizio italiano. Il tutto mentre il governo PD, nella scorsa legislatura, ha appoggiato queste dinamiche, tutelando le banche a scapito dei consumatori colpiti da questo vortice di speculazione, e l’esecutivo attuale, nonostante i proclami, si disinteressa di questa problematica e anzi “condona” 5 miliardi di euro alle banche, ancora una volta a scapito dei cittadini.
È arrivato il momento di dire basta! Si chiede dunque al governo di prendere provvedimenti contro questo fenomeno truffaldino. Le soluzioni ci sarebbero, se non mancasse la volontà politica di trovarle:
– In primis ci si dovrebbe accertare che il mutuo o il prestito per il quale si è giunti a procedimento di insolvenza non sia stato sottoposto ad usura e ad anatocismo, verifica che andrebbe fatta d’ufficio, senza sovraccaricare ancora il consumatore da ulteriori spese, per valutare la buona fede dell’istituto di credito;
– In secondo luogo, anziché accanirsi sull’esecutato, si dovrebbe dare la possibilità allo stesso di riacquistare l’immobile con dilazionamento o altre formule atte a far sì che, per i mutui inerenti immobili abitativi, egli non rimanga privo di abitazione, procedendo alla rivendita all’asta solo come extrema ratio, evitando così situazioni di disagio che incidano sul benessere dei nuclei familiari, degli anziani e dei figli, scongiurando un ulteriore
aggravio di costi sul Servizio Sanitario Nazionale per malattie dovute a stress ed esaurimento nervoso e patologie che spesso colpiscono i soggetti coinvolti in queste azioni vessatorie;
– Se anche si arrivasse alla rivendita all’asta, bisogna che gli enti di controllo si accertino che lo stesso bene non sia ceduto a prezzo di sconto a società partecipate coinvolte con gli stessi istituti di credito, limitando magari la partecipazione alle aste a società la cui partecipazione di gruppi bancari non superi il 5% delle quote di capitale.
Quanto qui denunciato merita una risposta energica, un controllo stringente sulle pratiche bancarie illecite che pesano sulle spalle dei cittadini. Fino a che non si provvederà adeguatamente ad arginare
questi fenomeni, sarà inutile sperare nella ripresa di un tessuto economico sconquassato dalla sete di denaro di banche e avvoltoi finanziari.
Se non ascoltati, svolgeremo ogni azione atta a sensibilizzare questo problema, ivi comprese petizioni da sottoporre alle forze politiche che vogliano unirsi in questa battaglia accanto ai cittadini
vittime di questo enorme sopruso.
Luca Vitale