IL “GOVERNO URSOLA” E’ IN CANTIERE. MA NON SAREBBE MEGLIO TORNARE ALLE URNE?

Ora la palla passa in mano a Sergio Mattarella, che nelle prossime ore dovrà decidere il destino dell’Italia. Giuseppe Conte, dopo aver consegnato le dimissioni, ha deciso deliberatamente di non dover assumere alcun ruolo o posizione pubblica in questa delicata fase dell’epidemia. Mattarella conta, però, di conferire al più presto un incarico per formare un governo che faccia fronte tempestivamente alle gravi emergenze non più rinviabili. Dalle ultime news, pare che Mario Draghi, ex presidente della BCE sia stato convocato al colle.

La strada delle elezioni non sembra minimamente contemplata da nessuno, neanche da Mattarella, che preferisce dare l’incarico a un governo “adeguato a fronteggiare le gravi emergenze sanitaria sociale ed economico-finanziaria”. In sostanza, il presidente della Repubblica vorrebbe affidare la formazione di un altro esecutivo al presidente della BCE, creando un nuovo governo di alto profilo. E pensare che già in quattro e quattr’otto sono cominciati i posizionamenti alle poltrone in quello che si suol chiamare “governo Ursola”. Giorgia Meloni è completamente contraria a dare la fiducia a un governo capeggiato da Draghi e continua a richiedere con fermezza il ritorno urgente alle urne!

L’Italia merita un governo solido che lavori unito per gli interessi della Nazione! Gli italiani hanno il diritto di votare e decidere da chi essere governati! La soluzione ai grandi problemi dello stato non è l’ennesimo governo tecnico nato nei laboratori di palazzo, mentre i ministri litigano tra di loro! Non siamo nella Prima Repubblica, ma siamo “teoricamente” una democrazia avanzata e, come tale, dovremmo comportarci! Come dichiara Giorgia Meloni con un post su Facebook: “Nel centrodestra ci confronteremo, ma all’appello del Presidente rispondiamo che, in ogni caso, anche dall’opposizione ci sarà sempre la disponibilità di Fratelli d’Italia a lavorare per il bene della Nazione.”

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LA SALUTE E’ ANCHE SPORT. NON DIMENTICHIAMOCI DI QUESTO COMPARTO!

Quante palestre e centri sportivi saranno aperti a fine pandemia? La preoccupazione è enorme anche per questa categoria. Si parla di milioni di euro di perdite, anzi ci sono esercenti che affermano di non voler fare i conti per non sentirsi male. In totale, si contano 6 mesi di chiusura completa e i ristori ricevuti dallo stato non sono niente in confronto alle perdite. I numeri parlano chiaro: il fatturato è calato di circa l’80% e c’è un’enorme quantità di persone a casa, fra insegnanti e personale amministrativo. Uno sfacelo!Gli aiuti economici concessi sono soltanto una goccia nel mare delle immense perdite. Parliamo di un totale di 100.000 strutture che danno lavoro a 1 milione di persone. Prima della pandemia gli incassi medi di un centro sportivo si aggiravano intorno a 40.000 e i 200.000 euro al mese. È ben evidente, allora, che i fondi erogati, tra i 2.000 e i 4.000 euro, non sono niente a confronto! A fine 2020 sono stati conteggiati più di 5 miliardi e mezzo di euro di perdite! Parliamo di migliaia di strutture che rischiano il fallimento totale! Forse neanche raddoppiano le quote a fondo perdute sarà possibile assicurare la ripresa. Il colmo è che i centri sportivi hanno cercato in tutti i modi di adeguare i propri locali alle norme anti-Covid, ed è per questo che, secondo uno studio dell’Associazione Nazionale Impianti Sport e Fitness, il rischio di contagio in palestra è decisamente azzerato rispetto ad altri luoghi d’incontro.I danni al settore sportivo sono immensi e gli aiutini sono completamente inutili. Servono azioni concrete: bisogna cercare di recuperare almeno il 50% di quanto perso e rinviare la riscossione dei contributi a inizio 2022. Anche i centri sportivi sono attività vere e proprie e come tali vanno tutelate! Il paradigma è sempre quello: dopo un anno di chiusure è impensabile andare avanti con gli scarsi ristori del governo! Bisogna pensare a come ripartire in sicurezza! Basta minare la sopravvivenza di determinati comparti!

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I RISTORATORI GRIDANO AIUTO!

Il “semaforo” delle chiusure per il rischio epidemico è dirompente per i settori produttivi del Paese. Quello che gli operatori del commercio e dei pubblici esercizi chiedono non sono elemosine, ma certezze. È ignobile scaricare addosso ai settori produttivi del Paese ogni colpa del diffondersi del contagio e, soprattutto, non fa onore a chi dovrebbe assumersi il peso delle proprie scelte in prima persona. Gli operatori della ristorazione devono sottostare al lampeggiamento del semaforo (saremo zona rossa, arancione o gialla questa settimana? Bho non si sa), in attesa che qualcuno conceda loro i ristori promessi.

Il comparto registra oltre 37 miliardi di perdite solo nel 2020: circa il 40% dell’intero fatturato annuo è andato in fumo. Quello che serve non è solo un piano ristori adeguato, ma anche un programma per riaprire in sicurezza il locale, per non rimanere nel perimetro della sopravvivenza assistita. Ci basti pensare che gli indennizzi ricevuti coprono solo il 7% dell’intero fatturato: è un aiuto economico legato ai costi fissi e non alle perdite! Questo indica esattamente il livello di pietà con il quale il governo sta affrontando questa situazione. L’unico modo per provare a sanare i conti delle imprese sarebbe assicurare almeno un ristoro del 50% del fatturato dell’attività, così che i commercianti non debbano attingere alle riserve personali o indebitarsi.

Lo stato ha donato a questo comparto 36.000€ di ristori, peccato che i titolari abbiano dovuto prelevare dai propri conti la bellezza di 150.000€ per evitare il fallimento della propria azienda. È evidente che concepire il ristoro in questo modo non è la soluzione. Il problema si potrebbe risolvere solo facendo riaprire le aziende in sicurezza perché le attività non possono più campare di ristori. Bisogna imparare a convivere con il Covid e tornare a lavorare! Dopo un anno di emergenza bisogna andare oltre!

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FRATELLI D’ITALIA SVELA L’INEFFICIENZA DEL PIANO PANDEMICO DI ARCURI

Fratelli d’Italia ha stilato un dossier attraverso il quale si intende incastrare il commissario Domenico Arcuri per la sua pessima gestione dell’epidemia. La questione è iniziata nel marzo del 2020, agli esordi della crisi, e copre tutti gli aspetti critici della pandemia. Tra i casi più emblematici c’è la “vicenda delle mascherine”: comprate in grandi quantità dalle aziende a un prezzo di acquisto ben superiore rispetto a quello prefissato da Arcuri, le mascherine scomparirono dalla circolazione, perché gli esercenti hanno smesso di venderle per non andare in perdita. Per non parlare poi dei casi di corruzione, il sequestro dei respiratori e il flop dell’App immuni. La ciliegina sulla torta è stato affidare il bando della produzione dei banchi monoposto per la scuola a un’azienda che opera nel campo degli eventi. Ma com’è stata possibile una gestione tanto fallimentare di una situazione così delicata?

Ma la sfilza di esempi di inefficienza non è conclusa qui. Il caso più emblematico di questi giorni riguarda la gestione dei padiglioni-primula. Prima di tutto ci chiediamo se realmente siano necessari per spingere alla vaccinazione di massa. Non sarebbe stato meglio trovare un metodo meno costoso per sostenere la campagna? La parte bella è che il commissario va a caccia di soldi per far sbocciare le prime 21 primule, una per regione. Questo ci porta a dire che il signor Arcuri ha mentito anche sul numero di centri per i vaccini. Non saranno 1.500 ma solo 21 per marzo 2021. I donatori più generosi (almeno di 400.000 euro) riceveranno in cambio una targhetta. Non male come ricompensa, no?

La situazione sembra quasi ridicola. Il tutto è un mix di incapacità e delirio di onnipotenza che l’Italia sicuramente non merita. La questione sanitaria è uno degli argomenti più delicati, che necessita di un commissario preparato e preciso. È un’enorme macchina complessa che ha bisogno di essere organizzata con chiarezza e nei minimi dettagli. Ma a quanto pare tutte queste qualità mancano al nostro governo, ma come biasimarli d’altronde: come fanno a prestare attenzione alla salute dei cittadini se continuano a litigare per la poltrona?

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“MAI PIU’”

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La Giornata della Memoria cade oggi, 27 gennaio. Con il passare del tempo, questa giornata ha assunto un significato simbolico sempre più marcato: quello della liberazione dei popoli oppressi. Lo scopo di questa giornata è apprendere dagli errori fatti e non ripeterli mai più!

Con il passare del tempo, questo momento di riflessione diventa sempre più importante e urgente. C’è il rischio che qualcuno si dimentichi che cosa sia stata realmente questa tragedia, la quale, purtroppo, è ancora una ferita vivida e sanguinante. La battaglia contro l’antisemitismo persiste tutt’ora. La situazione, tuttavia, diventa ancora più preoccupante: secondo una ricerca Eurispes il numero dei negazionisti, ovvero di coloro che non credono all’orrore di questo genocidio, è passato dal 2,7% al 16%. Il dito è puntato verso i social network: luoghi virtuali dove spesso corrono odio e intolleranza. È una deriva che va combattuta!

La fede cieca e l’ideologia purtroppo possono portare ad orrori incommensurabili. Si denuncia la programmazione volontaria e sistematica della morte, capace di innescare una macchina dell’orrore, il cui principio motore consiste in una razionalità deviata, finalizzata alla morte di tutti gli ebrei, dei dissidenti e delle persone considerate “inutili” dalle dittature del tempo. Il tutto si unisce con la volontà deliberata di privare da un giorno all’altro i propri simili di tutto ciò che avevano, dei diritti e della dignità, cercando di occultare, per quanto possibile, le prove materiali del misfatto. Una tragedia che ci ha portato a dire “mai più”: un motto di buon auspicio che risuona costantemente in occasione del Giorno della Memoria, nella speranza di un futuro migliore. L’unico rimedio a tutto questo è la ragione, la facoltà di pensare e la libertà, le quali vanno difese con tutte le nostre forze! La verità è che non bisognerebbe ricordare quello che è successo un solo giorno all’anno, ma tutti i giorni. E che queste tragedie ci permettano di spalancare gli occhi su uno degli avvenimenti peggiori dell’era moderna e ci consentano di dire mai più.

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COMBATTIAMO CONTRO IL FALLIMENTO DELLE NOSTRE IMPRESE!

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L’Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana, che provvede allo studio della strutta socioeconomica e delle sue trasformazioni, mostra che il mercato in stallo ha colpito principalmente i territori a vocazione terziaria e turistica, ovvero quelle imprese sulla costa o in montagna che hanno un’occupazione stagionale. Il 26% di domande di cassa integrazione provengono dal settore della ristorazione e alloggio, un numero poco più basso delle richieste dal comparto del commercio all’ingrosso e al dettaglio (29,3%). L’11%, invece, proviene dalle attivitàprofessionali, anch’esse profondamente in difficoltà. Sono chiari segni che la nostra economia è realmente in pericolo.Bisogna cominciare a far ripartire queste imprese. Il Consigliere regionale di Fratelli d’Italia, per esempio, ha chiesto di riaprire immediatamente la montagna toscana. La vera domanda è: perché per tutte le attività si applicano differenziazioni da regione a regione in base al colore, mentre gli impianti di risalita sono esclusi da questo principio? Perché il Governo non applica i colori anche agli impianti di risalita? D’altronde è stato consentito salire su un treno o su un autobus, ma non su una seggiovia che, paradossalmente, è un mezzo molto più Covid-free di una metropolitana. D’altronde, non è una novità che questo governo sia una contraddizione unica! Ma nel frattempo il turismo montanaro va in fallimento e migliaia di lavoratori rischiano, da un lato di perdere il proprio lavoro, dall’altra di non avere accesso ai cosiddetti ristori del governo. È corretto tutto questo? Per alcune famiglie il turismo montanaro costituisce la loro unica entrata!La verità è che bisogna cominciare a lavorare cercando di fare in modo di far ripartire queste imprese. Le attività limitate dai dpcm devono ripartire, perché i ristori dati dal governo non sono minimamente sufficienti a pagare le spese di un’intera attivitàcommerciale. Alcuni comuni in provincia di Grosseto hanno cercato, per quello che hanno potuto, di reperire una parte delle risorse dal bilancio, al fine di colmare almeno parzialmente le mancate risorse fornite dal governo. Un’ottima iniziativa, almeno per accorrere in aiuto a coloro che ne hanno necessità! Bisogna agire e anche in fretta! Qui c’è in ballo il destino di migliaia di imprese!

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M5S STA COMPIENDO DANNI IRREPARABILI

La vertenza Whirlpool è il simbolo dei danni irreparabili che il M5S sta compiendo al tessuto economico, industriale e occupazionale della Nazione, commenta Luca Vitale.

Da oggi lo stabilimento di Napoli è chiuso nell’ignavia di coloro che due anni fa festeggiavano vittorie inesistenti. “Accordo raggiunto. Nessuno perderà il posto di lavoro”: è il proclama dell’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, che qualche giorno prima aveva addirittura “abolito la povertà” dal balcone di Palazzo Chigi.

Due anni dopo ad essere stato abolito è solo il lavoro di 400 dipendenti della Whirlpool, ingannati dalle promesse dell’ex capo politico grillino e da quelle del suo successore al Mise Patuanelli.

Fratelli d’Italia esprime solidarietà e vicinanza ai lavoratori, ai quali assicuriamo tutto il nostro impegno affinché non rimangano senza sostegno economico, anche dopo le ultime buste paga garantite dalla multinazionale, conclude Vitale.