IMPRENDITORIA FEMMINILE IN DECLINO: L’EFFETTO COVID INVERTE LA TENDENZA

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Dopo aver celebrato dovutamente la Festa delle Donna ieri, è il momento di fare i conti con la realtà. Si sa che, prima della pandemia, la crescita di aziende dirette da donne era fortemente in aumento dal 2014. Anzi, l’imprenditoria femminile stava crescendo persino più velocemente di quella maschile. La situazione attuale, con il virus che corre veloce da un anno a questa parte, ha interrotto bruscamente la scalata dell’imprenditoria femminile. Ufficio Studi Confesercenti ha constatato che nel 2020 si è registrato un calo dello 0,29% delle imprese guidate da donne con meno di 35 anni di età. Questo significa che ci sono 4mila attività in meno rispetto al 2019 dirette da donne.

Le attuali 154mila attività di giovani donne sono l’11,52% del totale, mentre nel 2019 erano il 12,02%. La diminuzione della partecipazione femminile al mondo dell’impresa è più marcata nelle regioni del Centro. Nel Nord Est le imprese guidate da donne calano di quasi 1.500 unità (-0,63%), mentre il Nord Ovest registra poco più di 1.200 imprese femminili in meno rispetto all’anno precedente (-0,39%). Mentre i dati del Mezzogiorno sembrano mostrare una controtendenza: quasi 1.300 le imprese in più, pari al +0,26%.

Questi dati sembrano essere la chiara dimostrazione che la pandemia ha inferto una battuta d’arresto terribile per qualsiasi comparto economico, colpendo duramente anche l’imprenditoria femminile. Le difficoltà imposte dalle restrizioni nella dimensione famigliare si sono scaricate principalmente sulle donne, perciò molte di loro hanno deciso di fermarsi.

Finalmente è nata la consapevolezza che il lavoro imprenditoriale non è fatto di soli uomini, ma anche (e soprattutto) di donne. È per questo motivo che bisogna fare di più: nell’ultimo secolo è stato fatto un grande salto in avanti, ma non bisogna arrestare la scalata. Bisogna sostenere le imprenditrici come fonte di crescita del Pil e dell’occupazione! Tuteliamo le donne e le loro imprese!

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FANGO SULLA MELONI E FRATELLI D’ITALIA: LA NOSTRA CAPOGRUPPO TIRA FUORI GLI ARTIGLI

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Stavolta l’accusa riguarderebbe l’aver portato a termine nel 2013 un affare da 35mila euro al clan Travali (colpito nei giorni scorsi da 19 arresti) per comprare voti e attaccare manifesti a favore di Pasquale Maietta, all’epoca astro nascente del partito. Questa notizia è apparsa sul quotidiano La Repubblica con un articolo pubblicato in esclusiva e senza chiedere alcun contraddittorio alla Meloni. Non è mancata, ovviamente, la smentita della Capogruppo nell’esatto momento in cui è uscita la notizia.

È stata una casualità far emergere un fatto storico proprio ora che Fratelli d’Italia vola nei sondaggi e ha raggiunto il boom storico dei consensi al 18%? La stessa questione se l’è posta la stessa Giorgia Meloni che è intervenuta in diretta Facebook sulla vicenda, affermando chiaramente che “È partita la macchina del fango contro l’unico partito di opposizione. Non ci facciamo intimidire. Io non faccio affari con i rom. Non ho mai avuto una Volkswagen nera. Questa notizia che mi infanga è inventata, non è mai accaduta. Se gli inquirenti avessero voluto chiedermelo, io non avrei avuto problemi a rispondere. Devo pensare che gli inquirenti non hanno ritenuta affidabile questa testimonianza, altrimenti mi avrebbero chiesto conto“.

E ancora una volta lei si difende accanitamente nei confronti di questa immensa ingiustizia, smontando punto per punto quanto le è stato attribuito. Per di più, come riporta anche Il Giornale, le dichiarazioni sulle quali si è basata l’esclusiva de la Repubblica pare siano già state rettificate dal pentito in passato. Cioè sembra una barzelletta. Ma che razza di giornalismo è questo? I giornalisti dell’opposizione dovrebbero imparare a lavorare: prima di dare le notizie bisogna assicurarsi che la fonte da cui provengono sia affidabile! E non è accettabile che una notizia venga diffusa solo per denigrare un partito, proprio nel momento in cui brilla di successo.

Noi di Fratelli d’Italia siamo molto più forti e coerenti, e non ci faremo intimidire dalle false accuse. Tiriamo fuori gli artigli e continuiamo sulla nostra strada!

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LA SITUAZIONE PEGGIORA DI ORA IN ORA: VI SVELIAMO I DATI DRAMMATICI SULLA POVERTA’ IN ITALIA

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Che le famiglie italiane fossero alle prese con la crisi del lavoro causata dalla pandemia è un’ovvietà, ma adesso emergono dati drammatici che inquadrano perfettamente gli effetti del Covid sull’economia. Secondo le stime preliminari dell’Istat nel 2020, le famiglie in povertà assoluta sono oltre 2 milioni, ossia si registra un aumento di un milione di persone. L’incremento è agghiacciante: le famiglie totalmente indigenti sono 335mila in più (+7,7%) rispetto al 2019. Addirittura 5,6 milioni di individui, il 9,4% della popolazione italiana, ogni giorno hanno problemi a mettere insieme il pranzo con la cena, o a soddisfare bisogni primari. La povertà assoluta cresce repentinamente ed è il valore più alto dal 2005! L’incremento, tuttavia, si distribuisce in modo differente: si concentra nel Nord del Paese, dove l’incidenza raggiunge il 7,6%, ma si diffonde maggiormente nel Mezzogiorno con il 9,3%, contro il 5,5% del Centro. Nel Mezzogiorno, gli individui poveri crescono di quasi 186mila unità; al Centro sono quasi 53mila le famiglie in difficoltà e circa 128mila individui in più rispetto al 2019. Tra i più penalizzati troviamo le famiglie numerose e quelle mono genitore e gli occupati tra i 35 e i 44 anni. Il tutto è collegato e influenza il crollo dei consumi e la spesa famigliare torna ai livelli del 2000. Che il Covid avesse fatto uno sfacelo a livello economico e sociale non è una novità, ma dovremmo stupirci dei numeri terrificanti che ci vengono dati. Un incremento di quasi un milione di poveri in più in un solo anno è una vergogna! Rendiamoci conto di quanti compatrioti stanno vivendo delle situazioni critiche, tanto da non permettersi neanche di portare, come si suol dire, la pagnotta a casa! E al governo che cosa stanno facendo? Applicando restrizioni a manetta dimenticandosi di inviare i ristori agli italiani che ne hanno fatto richiesta a dicembre! Si, avete sentito bene: proprio a dicembre! Serve un piano economico efficace e miglioriamo le condizioni di vita degli italiani! Non è possibile continuare in questo modo.

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STOP ALLE ELEZIONI CAUSA COVID: RINVIO AD OTTOBRE

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Anche se si attende l’ufficialità, le prossime elezioni amministrative che si sarebbero dovute tenere questa primavera sono state rinviate a questo autunno. Pare ci sia già un’ipotetica data: domenica 10 e lunedì 11 ottobre. In provincia di Grosseto erano sei i comuni che sarebbero dovuti andare al voto a fine maggio, ma la decisione proviene dal Governo e, ovviamente, è legata all’aumento dei contagi e alla diffusione del virus nel nostro Paese. Fino al momento decisivo, rimarranno in carica i sindaci uscenti e gli attuali consiglieri comunali.

Ma facciamo un bilancio: com’è andata l’amministrazione di Fratelli d’Italia a Grosseto negli ultimi 5 anni? I risultati paiono essere sotto gli occhi di tutto e il nostro partito, con tutto il suo gruppo consiliare, ha giocato un ruolo importante per lo sviluppo e la crescita della comunità, rendendo la città più sicura, pulita, ordinata ed efficiente. Il tutto si somma a una prospettiva futura di riqualificazione urbanistica molto valida e un ottimo lavoro sulla sicurezza e contro la microcriminalità.

Il successo della giunta va di pari passo con quello del partito nazionale: gli italiani continuano a premiare il centrodestra, tanto da sfiorare la maggioranza assoluta del 50%. Stando all’ultima Supermedia settimanale elaborata da YouTrend per Agi, Fratelli d’Italia ha toccato il 16,7%, realizzando un nuovo record. Tale percentuale rende il nostro partito la seconda potenza all’interno della coalizione del centrodestra. È un importante risultato per tutta la coalizione e mette in evidenza le debolezze del centrosinistra, il quale si è dimostrato essere per l’ennesima volta in grande difficoltà, continuando a perdere consensi a dismisura!

In attesa delle elezioni comunali ad ottobre, noi continueremo con la nostra campagna elettorale e a batterci per i valori in cui crediamo! Che poi, per dirla tutta, incarnano perfettamente quelli di Fratelli d’Italia!

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BENESSERE E MATTONE CROLLANO DI PARI PASSO

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Si sa che il mattone misura il benessere degli italiani. Una grande fetta delle ricchezze delle famiglie risiede nel mattone: parliamo di una somma che conta 5mila miliardi di euro, di cui una buona parte si indirizza anche verso seconde case e negozi. In piena pandemia, tuttavia, la situazione è crollata. Secondo quanto riportato dall’Istat, nel secondo trimestre del 2020 le compravendite sono crollate del 17,3% rispetto al trimestre precedente. Gli atti notarili erano 157.126 nel I trimestre 2020 e sono calati a 149.764 nel secondo. Durante il primo trimestre era già stato registrato un crollo: -17,3% rispetto al trimestre precedente e -30,8% su base annua.

Anche i mutui non hanno segno positivo: sono scesi del 11,5% rispetto al trimestre precedente e del 20,9% su base annua. L’occupazione mostra dati ancora più preoccupanti: L’Unione europea delle cooperative (Uecoop) ha calcolato, sempre su dati Istat, che la perdita di posti di lavoro nel settore dell’edilizia nel 2020, è stata otto volte superiore a tutti gli occupati persi nei quattro anni precedenti: meno 161mila. La crisi, insomma, è il chiaro riflesso di un periodo in cui si era vociferata una tassa patrimoniale e di un anno di crisi economico-sociale che ha colpito trasversalmente tutti i settori.

Come possiamo far ripartire l’edilizia? Sicuramente intervenendo sulla tassazione, poiché c’è il rischio che la prossima riforma cancelli tutti i regimi fiscali speciali, inclusa la cedolare secca. Bisognerebbe anche concentrarsi sul tessuto sociale: miglioriamo il benessere degli italiani e, di conseguenza, miglioreranno anche le possibilità per i cittadini di comprare una casa. In fin dei conti tutto parte da lì: dal garantire ai cittadini una vita degna, con una situazione finanziaria stabile al fine di poter operare, ottenere risultati migliori e lungo termine in qualsiasi comparto produttivo. Partiamo dai cittadini e tutto il resto verrà di conseguenza!

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RITARDO DEI VACCINI? VI SPIEGHIAMO PERCHE’

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Il dito pare puntato nei confronti dei ritardi e delle forniture inferiori al previsto da parte dei produttori di vaccini, i quali hanno messo in difficoltà i Paesi europei. Secondo diverse analisi circolate nelle ultime settimane, però, pare che le cause siano più profonde e derivino dall’approccio seguito dalla Commissione Europea: si è privilegiato un sistema più cauto e orientato a contenere i costi rispetto a quanto fatto da altri Paesi. Il problema sembra situarsi alla radice: le iniziative per vaccini procedevano a rilento in Unione Europea fin dall’inizio, anche a causa della burocrazia e di alcuni regolamenti europei. Tra i molti problemi rientrerebbe anche il processo per organizzare la struttura di prenotazione e acquisto e mettere d’accordo gli Stati membri. Questo provocò settimane di ritardo fin dal principio. A tutto questo, si aggiungono anche i rallentamenti nelle forniture dei vaccini le quali costituiscono gravi violazioni contrattuali che producono conseguenze di entità ingenti all’Italia e ai Paesi europei. Il tutto si traduce con importanti ricadute sulla salute dei singoli cittadini, andando ad intaccare il tessuto economico-sociale profondamente lacerato a causa della pandemia. Capite quanto sia grave il ritardo del rifornimento di anche solo un giorno? Ad oggi si contano 4.577.257 dosi somministrate in Italia, ma procediamo incredibilmente a rilento. Secondo le stime, con questo andazzo la campagna in Italia finirà a novembre 2025! Per tornare in carreggiata e rispettare i tempi bisognerebbe incrementare del 73%! In Toscana sono state somministrate 303.087 vaccinazioni dal 27 dicembre, di cui 39.202 nei territori della Asl Toscana Sud est e 11.718 nella provincia di Grosseto. L’ideale sarebbe accelerare i tempi! Il che non si traduce con il far fare orari da sfruttamento a infermieri e dottori, ma bisognerebbe assumere più personale e non lasciarlo in balia dell’immensa mole di scartoffie che gli impedisce di partecipare alla campagna (si, in alcuni casi è successo). Diamo il via ai medici di base e incrementiamo i punti di vaccinazione, escludendo le primule e i padiglioni dalle cifre da capogiro. Torniamo in carreggiata, sbarazziamoci del virus e riprendiamoci la nostra vita!

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RITARDO DEI RISTORI = CHIUSURA DELLE ATTIVITA’

E per quanto riguarda i ristori per il mondo della ristorazione? Parliamo di briciole. I vari Decreti-legge varati in questi mesi, in termini di rimborso sul fatturato perduto a causa delle restrizioni per prevenire i contagi da Covid-19, prevedono indennizzi per ristoranti e bar che non coprono neanche l’1% del giro d’affari reale. Alcuni, sconfortati, dicono è meglio di niente, ma la realtà è che quella somma è servita a coprire solo il pagamento di qualche utenza. Nella grande maggioranza dei casi, il calo delle uscite è infinitamente inferiore rispetto alla perdita delle entrate!

Dati alla mano, il settore della ristorazione ha perso circa il 40% del giro d’affari e la situazione è anche peggiore per le grandi città d’arte, soprattutto dopo il terribile calo di fatturato nel 2020. E il 2021 non sembra prospettare un’enorme ripresa: sono più le realtà che non pensano di riaprire che quelle che credono di rimettersi presto in carreggiata. Fipe/Confcommercio afferma che ricevono ogni giorno chiamate dai ristoratori e gli imprenditori per lamentare i ritardi nell’erogazione dei ristori. In questo modo le imprese non possono neanche fare piani di medio periodo e non riescono a sopravvivere!

In molti credono che un lockdown totale sia meglio delle chiusure a singhiozzo: ricordiamoci che se un’attività rimane aperta non è oggetto di ristori dal governo. Pensiamo ai parrucchieri e ai barbieri: aperti anche in zona rossa, ma con un numero di clienti che rasenta lo zero. Loro non riceveranno nessun indennizzo! Al contempo, però, è impossibile per le imprese del comparto coprire tutte le tasse con le poche entrate che hanno. Le prossime chiusure potrebbero essere la mazzata finale per molte attività! L’ipotesi migliore è quella di ripartire in sicurezza, assicurandosi che le imprese si siano adeguate ai protocolli e si possa convivere con il virus!

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L’INCUBO DEGLI ITALIANI DIVENTA REALTA’: 50 MILIONI DI CARTELLE ESATTORIALI IN PARTENZA

L’incubo di milioni di famiglie e imprese italiane sta per diventare realtà. Stanno per essere spedite 50 milioni di cartelle esattoriali da pagare messe in stand by dalla pandemia. I rinvii erano stati decisi per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia con milioni di attività costrette a fare i conti con chiusure e blocchi di produzione. Stavolta, però, il governo non pare aver annunciato nessuna proroga.

Le opinioni sul rinvio sono discordi: c’è chi ritiene che chiedere di riaprire il portafogli subito sia controproducente e chi pensa che far slittare il termine di sospensione ulteriormente significhi far accumulare cartelle su cartelle, rendendo complicata la gestione delle pratiche. Come riporta l’agenzia Adnkronos, l’ipotesi messa al vaglio sarebbe non vessare eccessivamente i contribuenti e modificare i tempi della prescrizione per poter spalmare la trasmissione di notifiche e avvisi nell’arco di un paio di anni, ad un ritmo di tre o quattro milioni di cartelle al mese.

Non ci sarà dunque nessuna distinzione tra chi ha un’attività a rischio fallimento, chi ha perso il lavoro e chi invece continua a fatturare. Come afferma anche Giorgia Meloni sul suo post su Facebook: “la maggioranza che sostiene Draghi cala la mannaia e boccia gli emendamenti di Fratelli d’Italia per posticipare la riscossione. È impensabile che lo stesso Governo che obbliga alla chiusura attività come palestre, ristoranti, cinema e teatri, poi pretenda che i lavoratori di questi settori debbano mettersi in regola coi pagamenti. Tutto ciò è profondamente ingiusto: il Governo intervenga in extremis per esentare dalle prossime scadenze le categorie colpite.” E noi come possiamo non concordare? È inutile martoriare ulteriormente le aziende già sul lastrico. Vogliono migliorare la situazione? Allora rinviamo le cartelle e veniamo in contro ai nostri lavoratori!

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INDENNIZZI PER IL COMPARTO RISTORAZIONE IN RITARDO. BISOGNA RIPARTIRE IN SICUREZZA!

L’amico Danilo Ceccarelli, presidente provinciale di Fipe Confcommercio Grosseto dichiara che “Non è più rinviabile un allentamento delle restrizioni per i pubblici esercizi in grado di garantire il servizio al tavolo. Lo dimostra il fatto che anche l’Anci, e dunque i sindaci di tutta Italia, si sia detta favorevole a questo doveroso passo in avanti”. Insomma, ci si augura che nel prossimo dpcm, di cui già si vociferano alcune norme, venga considerato tutto questo. Il rischio è che queste categorie vengano penalizzate caricandole di responsabilità che non gli aspettano.

Ormai sono più di sei mesi che i ristoratori combattono questa battaglia ed è un lasso di tempo troppo lungo! E queste imprese non possono essere aperte e chiuse a mo’ di interruttore e a suon di dpcm. E pensare che 46 mila imprenditori della ristorazione non ha ancora ricevuto gli indennizzi richiesti e la data di chiusura delle domande per la richiesta è stata fissata al 15 dicembre scorso. A loro venne garantito che, entro la fine di gennaio, sarebbe stato effettuato il pagamento dell’anticipo del 90% sugli acquisti dei prodotti agroalimentari. Siamo a metà febbraio e ancora tutto tace. Come dichiara Fipe Confcommercio, ci sono in ballo la bellezza di 345 milioni di euro per questo comparto messo in ginocchio dalle misure di contenimento del Covid-19 e il platfond complessivo raggiungeva la somma di 600 milioni di euro. Non sono di certo spiccioli!

Qui serve un intervento immediato e il governo si deve attivare immediatamente! La filiera agroalimentare ha bisogno di sostegno e di poter ripartire! Occorre rispetto per il lavoro di oltre un milione di persone! Deve crescere la consapevolezza che sarebbe molto più facile far rispettare le misure di distanziamento in un locale rispetto che in una piazza dove, purtroppo anche nella provincia di Grosseto, le persone finiscono per assembrarsi senza precauzioni di sicurezza. Ma è possibile che dopo un anno di pandemia non abbiamo ancora imparato a convivere con il virus? Non vanifichiamo il lavoro fatto da queste attività per aggiornarsi alle norme anti-contagio richieste per poter riaprire! Ripartiamo in sicurezza!

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LE ACCUSE AD ARCURI RIVELANO L’INEFFICIENZA DEL SISTEMA ORGANIZZATIVO DELLA PANDEMIA

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Finalmente si arriva alla svolta sull’inchiesta delle maxicommesse da 72 milioni di euro l’acquisto di 801 milioni di mascherine provenienti dalla Cina nella prima ondata del Coronavirus in Italia. Sono arrivate le misure cautelari a carico di persone responsabili di reati di traffico e influenze illecite, riciclaggio, auto-riciclaggio e ricettazione. Il traffico sarebbe aggravato dal reato transnazionale. Domenico Arcuri si troverebbe incastrato nella situazione, in quanto effettuò diversi affidamenti a favore di 3 consorzi cinesi per l’acquisto di mascherine di varia tipologia.

Al riguardo è intervenuta anche Giorgia Meloni, la quale si è dichiarata contraria a lasciare ancora al suo posto il super-commissario chiamato da Giuseppe Conte a gestire di tutto: dalla scuola ai vaccini, dalle mascherine all’Ilva. La nostra leader e Francesco Lollobrigida denunciano che “La gestione ha mostrato inefficienze e zone d’ombra, e già numerose sono le inchieste che stanno approfondendo le irregolarità”. Di fatti Arcuri sembra coinvolto anche sulla vicenda del materiale ospedaliero, tra cui i preziosi ricambi per i respiratori, e la famosa vicenda dei padiglioni “primula” per effettuare le vaccinazioni, al costo di oltre 400.000 l’uno. Che cosa deve ancora accadere per avere qualcuno di realmente qualificato per la gestione di questa pandemia?

La gestione dell’emergenza è piena di zone d’ombra. Basti pensare che un anno dopo la situazione non sembra minimamente cambiata. Il paradigma dovrebbe essere la convivenza con il virus, non continuare a chiudere tutto e dividere l’Italia a fasce. E la situazione non sembra migliorare: si annunciano nuove chiusure e il contagio continua a diffondersi in maniera incontrollata. La campagna vaccinale prosegue a rilento e sicuramente non saranno le primule a salvarci. Serve un piano pandemico aggiornato e un sistema organizzativo gestito da qualcuno di qualificato! Ma com’è possibile che in un anno di pandemia non abbiamo imparato nulla?

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