BLOCCO DELL’EXPORT DELL’ACCIAIO: COME DOVREMMO MUOVERCI?

Il blocco dell’export di diversi materiali strategici e critici per l’industria fuori dall’Unione Europea contenuto, a sorpresa, nel Decreto Ucraina bis apre a diverse analisi sistemiche.

L’articolo 30 del Decreto Ucraina bis prevede che le imprese italiane o stabilite in Italia che intendono vendere fuori dall’Unione Europea i rottami ferrosi presenti sul suolo nazionale, compresi quelli acquistati all’estero, debbano notificare con almeno dieci giorni di preavviso al Ministero dello Sviluppo Economico e a quello degli Esteri.

La norma, che il decreto giustifica in “relazione alla necessità di approvvigionamento di filiere produttive strategiche”, impone come sanzione per il mancato adempimento una multa pari al “30% del valore dell’operazione e comunque non inferiore a euro 30.000 per ogni singola operazione”.

In tempi di guerra in Europa nessuna impresa può permettersi di tirarsi la zappa sui piedi danneggiando il proprio sistema. Il problema però è l’inflazione anche in questo campo.

Il governo si deve attivare per sospendere tutte le quote di salvaguardia che sono state imposte da Bruxelles, le quali creano delle forti strozzature in tutto il mercato dell’acciaio, causando il rigonfiamento dei prezzi e gli utili di tutti i produttori.

In ogni caso, non dobbiamo ostacolare i flussi di importazione. Dovremmo dare via libera a una nuova strategia di politica industriale in grado di unire ritorno dello Stato, valorizzazione dell’economia circolare e sostegno alle imprese cruciali per non cadere vittima delle conseguenze di uno shock economico legato alle sanzioni

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