CAMBIAMENTO NEL SISTEMA TRASPORTI NELLA MAREMMA: L’ANALISI DELLE CONSEGUENZE

La regione Toscana ha optato per la soppressione (totale o parziale a seconda dei luoghi), di alcuni servizi di trasporto per l’amministrazione provinciale di Grosseto e i comuni interessati, cioè quelli che hanno più corse urbane di fascia debole (vale a dire scarsamente utilizzate). In totale, verranno tagliati oltre 400.000 km di percorso che corrisponde a 10 turni di servizio in meno.

Che cosa significherà tutto questo? Per farvi un esempio, sparirà il servizio urbano di Follonica, di Orbetello e Monte Argentario e così avverrà anche per quello di Massa Marittima.

Il grande cambiamento avrebbe dovuto essere messo in atto già a novembre, ma ora la data termine è passata all’11 giugno. Non sarà sicuramente una scelta felice, soprattutto a ridosso delle vacanze estive. Per non parlare poi della valanga di conseguenze che questa scelta comporterà…

Si comprometteranno posti di lavoro e si sopprimeranno dei servizi fondamentali per i cittadini, soprattutto per le persone più anziane che prendono i mezzi pubblici anche semplicemente per andare a fare la spesa. Ne risentiranno anche gli studenti e, più in generale, l’urbanizzazione e la viabilità tra le diverse comunità della maremma. Si rischia, inoltre, l’emarginazione e un eventuale deterioramento ambientale!

Il servizio pubblico dei trasporti è fondamentale ed è utile per preservare il nostro territorio ed offrire ai nostri cittadini la possibilità di vivere in delle città che curino la viabilità. Bisogna implementare il servizio pubblico per migliorare il benessere dei maremmani!

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SVENTATO L’ATTENTATO ALLA RETE VITIVINICOLA

Alla fine, ha vinto il buonsenso. Chi nelle scorse settimane, in nome della salute pubblica, insisteva per marchiare il vino con “F” nere ed etichette choc è rimasto deluso. Si pensava a qualcosa come le immagini presenti nei pacchetti di sigarette per allertare i consumatori sui rischi del consumo di alcolici

La differenza sarebbe stata fatta dal documento, che contiene le linee guida per la Commissione Ue sulla lotta ai tumori nel Vecchio Continente e riporta la seguente frase “tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche”“Non è il consumo in sé a costituire fattore di rischio per il cancro”. La dicitura è stata messa nero su bianco dagli eurodeputati, scongiurando, quindi, la demonizzazione di una delle eccellenze europee, perno della dieta mediterranea.

Potrebbero creare importanti danni all’intero comparto del vino, del quale l’Italia è il primo produttore mondiale, con 49.066.000 ettolitri nel 2021 (in Francia sono 46.944.000) ed esporta per 7 miliardi di euro l’anno.

Non solo: il mondo del vino dà lavoro, in un modo o in un altro, a 1,3 milioni di italiani. Secondo l’Uiv se il Cancer Plan fosse stato approvato senza i necessari correttivi, l’industria del vino italiano potrebbe subire un danno enorme, con una contrazione dei consumi stimabile attorno al 25/30% in termini di volume e del 35% in termini di valore.

Ci sarebbero anche un effetto svalutazione e moltissimi danni all’indotto. Di conseguenza, i consumatori sarebbero costretti a pagare di più un prodotto di minore qualità, perché le maggiori imposte spingerebbero i produttori a scelte più scadenti. Complessivamente si stima una contrazione del margine lordo alla produzione del 50%, con migliaia di aziende agricole che sicuramente dovranno chiudere i battenti.

Quando smetteranno di attaccare la nostra pregiata produzione?

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LA TRUFFA DEL SUPERBONUS

L’edilizia non vuol dire soltanto restauro di immobili. Dietro c’è una lunga e articolata «filiera» che comprende molti settori (ceramica, acciaio, manifatturiero solo per citarne alcuni) che rappresenta «la spina dorsale dell’economia del nostro Paese».

Il superbonus è uno strumento utile per il rilancio dell’edilizia. D’altronde come dicevano i francesi: “quand le batiment va, tout va”, quando va l’edilizia tutta l’economia corre. È un principio ancora valido.

Tuttavia, il Superbonus è un’idea nata male, mal gestita e di cui molte persone truffaldine hanno approfittato, molti hanno, dice messo teste di legno e hanno preso soldi e sono spariti.

Da questo deriva la stretta promulgata a novembre?

l’Agenzia delle Entrate potrà bloccare per 30 giorni le somme in caso di dubbi sulla regolarità delle operazioni o sui soggetti coinvolti. A causa della quantità ingenti di furbetti che si stanno approfittando o si sono approfittati di questa cessione di credito, possiamo sicuramente considerare il SuperBonus come una delle più grandi truffe del secolo che sembra, si dice abbia causato circa 4.000.000.000 di Euro di buco.

Il fatto è che i progetti quando vengono attuati devono essere ben gestiti per portare un reale profitto al Paese.

Altrimenti, si creeranno progetti senza valore e che causeranno un ulteriore buco.

Sarà vero tutto ciò?

E se si, chi pagherà?

come sempre?

Certo, i cittadini, gli imprenditori, gli autonomi e i dipendenti, ormai sopraffatti dall’enorme quantità di tasse!

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AGRICOLTORI IN PIAZZA PER L’INFLAZIONE: SIAMO ARRIVATI ALLA FRUTTA?

I prezzi per le famiglie e le imprese sono schizzati alle stelle. Ne risentono fortemente anche gli agricoltori e gli allevatori che non riescono a coprire neanche i costi di produzione, poiché il balzo dei beni energetici si trasferisce a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a vendere sottocosto.

Una situazione insostenibile che si riversa inevitabilmente nelle piazze. Allevatori ed agricoltori da tutta la Toscana manifesteranno giovedì 17 febbraio, dalle ore 9.00, tra Firenze e Grosseto per salvare l’agroalimentare Made in Italy e difendere l’economia, il lavoro ed il territorio.

L’obiettivo è chiedere di garantire il giusto prezzo con la lotta alle speculazioni, tutelare la liquidità alle imprese e incentivare gli interventi per il settore, rallentati dalla burocrazia. Si vogliono proporre anche progetti concreti per cogliere le opportunità che vengono dall’agricoltura e dei suoi prodotti Made in Italy, potenziando tutto l’operato utilizzando le fonti energetiche rinnovabili, come il biogas e il fotovoltaico sui tetti di aziende e stalle.

Siamo arrivati a questo punto? I settori delle diverse imprese devono riversarsi nelle piazze per rivendicare i loro diritti? Non dovremmo essere noi a dover assicurare il corretto funzionamento di tutto il settore produttivo? Approviamo riforme e diamo finanziamenti alle nostre imprese per compensare i disavanzi causati dall’inflazione.

Quando iniziamo a tutelare il lavoro degli italiani e le tasche dei tanti cittadini in difficoltà?!

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DA 30 ANNI STAGNAZIONE DEI SALARI: QUESTO è IL FUTURO CHE VOGLIAMO PER L’ITALIA?

Il Sole 24 Ore ha analizzato l’aumento del costo della vita dal 2002, anno di introduzione ufficiale dell’euro, con la fotografia del mercato del lavoro e delle condizioni economiche dei cittadini del nostro Paese in questo primo scorcio di secolo. Dalle analisi, emerge che è stata erosa la capacità di spesa e la sicurezza economica degli italiani, in un contesto in cui i salari sono stagnati o regrediti.

Insieme ai soliti rincari nei comparti energetici, anche trasporti (+50,9%) e beni alimentari (+36,8%) sono in volo dall’inizio del secolo ad oggi. L’attuale contesto, seguito dalla ripresa post-Covid, rischia di erodere i salari reali di oltre tre punti nel biennio 2021-22. Ovviamente non è un incremento sostenibile.

L’incremento energetico andrà a colpire principalmente la capacità di consumo delle famiglie a medio-basso reddito. In sostanza, per una famiglia con due redditi medi, supponiamo, da 1.500 euro netti al mese, si è passati da un impatto del 3% ad uno del 6,98% per la sola spesa delle utenze.

L’effetto è aggravato ulteriormente dalla stagnazione dei salari italiani da circa trent’anni. Nel 2019 uno studio dello European trade union institute aveva permesso di rilevare che le retribuzioni aggiustate al costo della vita fossero in particolar modo calate del 4,3% tra 2010 e 2017, dopo essere cresciute del 7,3% fra 2000 e 2009. Segno di un trend al ribasso.

Oggigiorno gli italiani guadagnano in media 30.028 euro lordi, 12.400 meno dei tedeschi, ma al netto anche meno degli spagnoli. Fisco, norme e accordi di secondo livello sono gli imputati, causando una riduzione dei salari del 2,9% in 30 anni, mentre in Francia e in Germania sono saliti più del 30%.

Possibile che siamo uno dei pochi Paesi al mondo in cui si sta peggio di vent’anni fa? Questo crea una forte incertezza anche nelle giovani generazioni che migreranno all’estero! È questo il futuro che vogliamo per l’Italia?

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L’INFLAZIONE E LA STANGATA SU FAMIGLIE E IMPRESE: CHI PAGA E CHI PAGHERA’ TUTTO QUESTO?

Assoutenti sottolinea un fenomeno sconvolgente. La cifra fa impressione: 38 miliardi e mezzo di euro, 1.480 a famiglia. È la stangata che le famiglie italiane dovranno sopportare quest’anno a causa del caro bollette.

Sulla base dei dati Istat, l’associazione di tutela dei consumatori ha calcolato le conseguenze per le tasche delle famiglie italiane dei rincari che stanno abbattendosi in questi giorni sui prezzi. Primi tra tutti ne risentono i prodotti alimentari di largo consumo: basti pensare che il pane ha subìto un incremento del +3,9% rispetto allo scorso anno. Un rincaro che per le famiglie equivale a +38,5 euro all’anno. Anche la pasta è aumentata del +10%, mentre per i frutti di mare si spende l’8,4% in più rispetto a un anno fa. Frutta e verdura i prodotti con i rincari più salati: +13,5%, quasi 60 euro in più all’anno per ogni nucleo familiare. Ma ci sono anche acqua minerale (+3%), gelati (+4%) e succhi di frutta (+4,8%). Escludendo i beni alimentari e quelli energetici, anche i mobili costano il 4% in più, gli apparecchi domestici il 5,1% in più e le piante e fiori (+4,5%).

Ma il caro bollette non pesa solo sulle famiglie: le imprese devono sostenere una stangata da 13 miliardi solo nel primo trimestre del 2022. Basti pensare che il gas è aumentato del 660% rispetto a due anni fa.

Sono fondamentali misure immediate per sostenere imprese e famiglie. Più aumenteranno i prezzi e meno le famiglie saranno predisposte al consumo, causando effetti a catena su tutto il sistema economico. Ma non servono solo riforme per il presente… Dobbiamo pensare anche a riforme per il futuro, per evitare che tali situazioni di crisi si ripetano.

Chi pagherà??

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DA QUALI RIFORME PARTIRE PER RISRUTTURARE L’ITALIA

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il piano preparato dall’Italia per rilanciarne l’economia il tracollo dovuto alla pandemia di COVID-19. Il suo fine è quello di permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese. Ma sono fondi che devono essere utilizzati con cura. Come possiamo evitare di disperdere questo slancio? Attuando subito queste 6 riforme:

Come non disperdere lo slancio del Pnrr? Attuando subito queste 6 riforme:

  • Riforma sulle bollette
  • Riforma fiscale
  • Riforma della giustizia
  • Revisione dei codici degli Appalti
  • Riforma sul lavoro

Il governo non è mai entrato nel vivo delle imposte: il taglio dell’Irap è stato minimo, su rimodulazione dell’Iva e delle accise che pesano sui carburanti non si è fatto nulla. Anche i discorsi sulla flat tax sono state solo parole al vento, così come l’intervento più deciso sul cuneo fiscale e contributivo sul lavoro. Tagliare le tasse significa intervenire su 531 miliardi di entrate tributarie (dato 2019, ultimo anno pre-pandemia) riducendo anche la spesa pubblica.

Servirà anche rivedere il Codice degli Appalti in modo da poter avere tempi certi e non vedere le opere realizzate perché bloccate dai ricorsi. Il ddl delega è in Parlamento da settembre e lì rimane in stallo.

Appalti e giustizia vanno di pari passo, ma si muovono lentamente: le riforme prevedono una minore invasività del legislatore tramite l’autoapplicabilità delle norme. L’esatto contrario di quanto sta accadendo con il Superbonus 110%, che ogni mese viene aggiornato da un decreto ad hoc creando confusione e paralizzando l’edilizia. 

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, siamo ancora in stallo sul potenziamento della formazione e del reskilling dei disoccupati.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è il piano preparato dall’Italia per rilanciarne l’economia il tracollo dovuto alla pandemia di COVID-19. Il suo fine è quello di permettere lo sviluppo verde e digitale del Paese. Utilizziamo con cura questi fondi| L’Italia ha bisogno di essere ristrutturata! Partiamo da queste riforme!

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Sondaggio sui partiti: Meloni in fuga

Gli ultimi dati Ipsoa inerenti la politica cosa dicono??

Dicono che la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni sale e scavalca Conte. Per il 39% degli italiani tra i leader politici Salvini è quello che è uscito peggio dal voto per il Quirinale;

La soddisfazione per le elezioni del presidente Mattarella, prevale tra tutti gli elettorati con l’eccezione di quello di FdI che per il 63% si dichiara insoddisfatto.

Secondo gli italiani da questa vicenda non emerge in misura netta un vincitore tra i leader (Meloni 16%, Letta 14%), dato che il 36% ritiene che non ve ne siano e il 20% non si esprime, mentre risulta più evidente chi ne è uscito peggio: Salvini viene menzionato dal 39% e precede Conte (19%), Giorgia Meloni (16%), Berlusconi (13%) ed Enrico Letta (12%).

Lla vicenda Quirinale ha avuto riflessi sugli orientamenti di voto e sul gradimento dei leader: rispetto alla scorsa settimana la Lega perde l’1,7%, si attesa al 18% e viene scavalcata al secondo posto da FdI con il 19,3% (-0,2%), mentre il Pd guadagna lo 0,8% e consolida la posizione di testa con il 20,8%. Al quarto posto si conferma il M5S con il 15,5% (-0,4%) seguito da Forza Italia che cresce di 0,6% portandosi al 9,8%. Tra le altre forze politiche si segnala la crescita della Federazione Azione/+Europa (3,9%) e Italia viva (2,2%). Come era prevedibile, aumenta la quota degli astensionisti e degli indecisi che raggiunge il 41,5%, due punti in più rispetto a dicembre.

Sulla base di queste stime, i tre principali partiti del centrodestra nell’insieme si collocano al 47,1% e continuano a mantenere un netto vantaggio sia sul centrosinistra (31,6%) sia sull’alleanza giallorossa (39,2%), ma vengono appaiati da una ipotetica alleanza comprendente tutte le forze di sinistra e centrosinistra.

Quanto al gradimento dei leader Giorgia Meloni è in crescita di due punti (indice 37) e conquista la prima posizione scavalcando Conte che cala di 4 punti (36). Al terzo posto Speranza, stabile a 32, seguito da Letta che aumenta di due (30), quindi Toti (stabile a 27) e Salvini (26) che perde tre punti e due posizioni nella graduatoria. Anche l’indice di gradimento del governo (56) diminuisce di 2 punti rispetto alla settimana scorsa e di 3 rispetto a dicembre, riportandosi sui valori più bassi del mandato.

Tenuto conto della auspicata continuità di Mattarella, la delusione su come si sia giunti a questo risultato è palpabile e affiorano non pochi interrogativi sulla possibile ulteriore disaffezione dei cittadini rispetto ai partiti e, in generale, alla politica. 

D’altra parte, ci si chiede perché di fronte ai 55 applausi dei grandi elettori che, come un metronomo, hanno scandito il discorso di Mattarella nel giorno del giuramento, gli stessi parlamentari nella settimana del voto abbiano indugiato nel rieleggerlo, si siano impantanati in sette votazioni andate a vuoto e abbiano messo in scena uno spettacolo poco commendevole.

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ADDIO ALLO STATO DI EMERGENZA?

La prima certezza: il 31 marzo prossimo terminerà lo stato di emergenza. L’ultima proroga, di due mesi, varata dal governo Draghi è stata possibile con un atto dell’esecutivo. Essendo terminato il periodo massimo di 24 mesi (più la proroga di 60 giorni), serve ora una legge approvata dal Parlamento per allungare la durata dello stato eccezionale. 

Ma quale elemento può spingere questa decisione?

Con lo stop allo stato di emergenza non sarà di certo possibile tenere in vita l’obbligo vaccinale per gli over 50 fino al 15 giugno come spera l’esecutivo. Sicuramente verrebbe meno l’obbligo vaccinale! Decadrebbe tutto: le multe insulse di 100 euro per chi non è in regola, la sospensione dal lavoro senza retribuzione e una sanzione ulteriore se obbligato al vaccino sul luogo di lavoro. Anche i mancati controlli sono sanzionati.

E finalmente! Che poi cancellare una misura dopo solo 45 giorni dalla sua promulgazione fa proprio ridere!

Sarà la volta buona volta che diremo addio anche al tanto discriminatorio “Super-mega-iper Green Pass”? Sicuramente si dovrà valutare la praticabilità giuridica di uno strumento che limita le libertà senza l’ombrello giuridico di uno stato eccezionale.

Noi vogliamo che lo stato di emergenza finisca immediatamente! A una sola condizione, però: alla fine dello stato di emergenza devono coincidere misure di tutela fiscale per tutte le attività e professionisti che hanno subito pesanti perdite a causa della pandemia. Bisogna fornirgli tutte quelle tutele che sono profondamente mancate durante questi due anni! Questo è quello che noi vogliamo!

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